Nello storytelling l’aspetto centrale sono i personaggi della storia, non la trama e tantomeno il viaggio dell’eroe.
Queste sono le conclusioni a cui è giunto il neuroscienziato Steven Brown, direttore del NeuroArts Lab dell’università McMaster di Hamilton, Ontario.
Il modello proposto da Brown ribalta la tradizionale impostazione che risale ad Aristotele per cui la trama guiderebbe la narrazione e fisserebbe gli obbiettivi dei personaggi che quindi subirebbero la storia invece che agirla.
Secondo Brown sarebbero invece i moti interni e le emozioni più intime dei personaggi a determinare lo svolgimento della trama narrativa.
In sostanza, la storia si risolverebbe in una proiezione di come il personaggio risolve a livello psicologico i suoi dilemmi e rispecchierebbe il continuo passaggio tra stati emozionali a valenza diversa (positiva o negativa secondo i casi).
Viaggio dell’eroe contro psicologia dei personaggi
Siamo tutti d’accordo che trama e personaggi sono le due strutture portanti di qualsiasi narrazione, senza uno di questi due elementi non ci sarebbe né storia, né tantomeno storytelling.
Quello su cui invece manca l’accordo è quale di questi due elementi strutturanti sia il più importante. Aristotele fu il primo a proporre nella Poetica un modello in cui la trama era centrale che è stato via via ripreso nel corso dei secoli fino ad oggi.
Tra gli studiosi di storytelling più conosciuti che hanno mantenuto l’impostazione aristotelica, Brown cita Propp e Campbell, con il suo celebre modello del viaggio dell’eroe.
Il secondo filone, quello che vede invece la trama come un qualcosa determinato dai personaggi, è recente e fa capo a psicologi come David Herman e agli autori della corrente della narrazione cognitiva, tra cui Palmer, che ha presentato recentemente una teoria di come la trama possa essere costruita partendo dalla psicologia dei personaggi principali.
Queste teorie riprendono l’idea dell’immedesimazione narrativa come un qualcosa in cui effettivamente viviamo le emozioni e i pensieri dei personaggi come se fossero i nostri.
Elaboriamo così il nostro vissuto in un processo di apprendimento della vita che giustifica lo storytelling come caratteristica portante della nostra evoluzione come specie.
Mancava tuttavia una teoria dello storytelling che addirittura vedesse la trama come già incorporata nella struttura psicologica dei personaggi, superando definitivamente la teoria del viaggio dell’eroe.
L’Embodied Plot Model
Nel modello suggerito da Brown lo svolgimento narrativo è una conseguenza dal processo psicologico che avviene nelle menti dei caratteri principali.
Il viaggio dell’eroe viene sostituta con una mappa degli stati psichici del protagonista articolata su tre livelli:
- la valutazione emozionale della situazione in cui si trova
- le sue motivazioni e i suoi obiettivi
- il processo di decisione
La storia partirebbe da un innesco che spingerebbe il protagonista a fare una valutazione della situazione e a prendere una decisione sulla base delle sue motivazioni, emozioni e obiettivi, compiendo l’azione che determinerebbe lo svolgimento successivo della narrazione.
Una volta compiuta l’azione, il protagonista valuterebbe le conseguenze e la nuova situazione che si è creata, effettuando un nuovo tentativo, come descritto nella figura sottostante:
Non è difficile verificare come in questo modo la narrazione non è altro che lo specchio dei suoi processi psichici e che viene da lui diretta, per cui si può a ragione parlare di trama incorporata nel protagonista stesso (Embodied Plot).
Il viaggio dell’eroe diventa un processo psichico
Brown fa un esempio dell’applicazione del suo modello analizzando la favola di Cenerentola.
La protagonista parte da una situazione di angoscia, essendo stata abusata nella vita dalla matrigna che le vieta perfino di andare al gran ballo di gala del principe (valenza negativa).
L’intervento della fata buona offre però a Cenerentola la possibilità di fare una scelta che risolve la situazione di angoscia in cui il personaggio si trova e di partecipare al ballo dove finalmente incontra il principe (valenza positiva).
Quello che decide la trama è però la personalità, gli obiettivi e le motivazioni di Cenerentola, che se fosse stata diversa avrebbe anche potuto decidere di non andare al ballo e rassegnarsi a restare a casa.
Un altro aspetto importante da sottolineare di questo nuovo modello di storytelling è che la tensione narrativa dei personaggi si articola in passaggi da stati d’animo negativi a stati d’animo positivi (o viceversa).
In questo modo si compie la funzione catartica delle storie che già aveva individuato Aristotele nella sua analisi del processo di immedesimazione narrativa.
In conclusione, la trama diventa la mera proiezione dei processi psichici di come un personaggio risolve un ostacolo, e risulta quindi strettamente determinata dalla sua psicologia.
In questo modello, il viaggio dell’eroe diventa un processo psichico dipendente dalla psicologia dei personaggi, e non più una struttura narrativa esterna articolata in passaggi rigidi e avulsi dalle emozioni, motivazioni e scelte dei personaggi principali.
In conclusione, trama o personaggi? È ancora troppo presto per dire cosa questo nuovo modello di storytelling saprà darci; in ogni caso, l’Embodied Plot Model prova come il progresso delle neuroscienze sembra destinato a modificare le teorie tradizionali della narrazione, dimostrando una grande capacità di raccontarci nuove, affascinanti storie attraverso le sue scoperte.
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Per approfondire:
Brown e Tu, Character mediation of plot structure: toward an embodied model of narrative
Herman, David, Storytelling and the sciences of mind. Cambridge, 2013
Palmer, Alan, Social minds in the novel. Columbus, 2010