Secondo il film: The Apprentice – alle origini di Trump, alla base del successo del celebre magnate ci sarebbero le tre regole che gli fornì il duro avvocato Roy Cohn nella New York degli anni Settanta e ottanta:
- attacca, attacca, attacca;
- non ammettere niente, negare ogni cosa;
- dire che hai vinto e non ammettere mai la sconfitta.
Cosa c’è di scientifico dietro queste affermazioni? Esistono motivazioni neuroscientifiche e comportamentali che le supportano? La risposta è, almeno in parte, affermativa.
Attacca, attacca, attacca: ovvero l’arte dell’offensiva
Avete presente un pugile che riempie di pugni il suo avversario impedendogli di difendersi? Il principio è proprio quello.
L’attacco, soprattutto se coronato da successo, sembra innescare il sistema di ricompensa cerebrale, rilasciando dopamina e generando piacere, particolarmente nei lottatori novizi. Questo può portare a un rinforzo del comportamento aggressivo e alla sua ripetizione.
L’amigdala, una struttura cerebrale coinvolta nelle emozioni, può essere iperattiva in individui inclini all’attacco, aumentando l’impulsività. Al contrario, la corteccia prefrontale, deputata alla pianificazione, può essere meno attiva, o venire inibita, ostacolando decisioni razionali e controllo e rinforzando il comportamento aggressivo.
A livello comportamentale l’attacco può essere una strategia per affermare la propria dominanza, intimidire gli altri e contemporaneamente sfogare emozioni negative. Insomma, ci fa sentire bene, forti, ricompensati, il che a sua volta rinforza l’attacco.
Negare ogni cosa e non ammettere nulla
Ammettere un errore può generare dissonanza cognitiva, uno stato di disagio mentale che spinge a negare l’evidenza per proteggere l’ego. La negazione, secondo Sigmund Freud, è un meccanismo di difesa che scherma da emozioni negative.
A livello comportamentale la negazione è sempre un ottimo modo per manipolare gli altri, negarne le affermazioni e ristrutturare la situazione a proprio vantaggio. Non è un caso che viene suggerita come strategia sia di attacco che di difesa.
Affermare sempre la vittoria e negare la sconfitta
Alcuni individui tendono all’ottimismo irrealistico, sovrastimando le proprie capacità (bias dell’ottimismo). Inoltre, un altro bias, quello di conferma, cioè la tendenza a cercare conferme alle proprie idee, può però portare a ignorare i segnali di sconfitta e quindi subire, di fronte a un avversario più forte, il rischio di rovesci assai gravi e definitivi.
A livello comportamentale dichiararsi sempre vincitori può aumentare l’autostima, spingere alla perseveranza o migliorare la propria immagine pubblica.
Come difendersi
Esistono, ovviamente, anche strategie di difesa, come dimostra il comportamento di Kamala Harris nel duello televisivo contro Trump del settembre 2024. Vediamo le principali.
Attacca, attacca, attacca
Non farti prendere dalla paura: l’obiettivo di questa strategia è intimidire e mettere sotto pressione. Mantieni la calma e non reagire impulsivamente. Analizza la situazione: cerca di capire perché l’aggressore sta attaccando. Quali sono i suoi obiettivi? E soprattutto, quali sono i suoi punti deboli?
Rispondi in modo strategico: Non è sempre necessario contrattaccare direttamente. A volte è meglio aspettare il momento giusto per agire. Prenditi i tuoi tempi e non farti pressare: è quello che spesso vuole il tuo aggressore.
Stabilisci dei limiti: Comunica chiaramente all’aggressore che non tollererai il suo comportamento e che sei pronto a difenderti.
Non ammettere niente, negare ogni cosa
Non farti condizionare da discussioni inutili: l’aggressore cercherà di farti dubitare della tua percezione della realtà. Non perdere tempo a cercare di convincerlo del contrario. Ricordati che è solo uno sporco trucco.
Concentrati sui fatti: presenta prove concrete e dati oggettivi per sostenere la tua posizione. E non aver paura di ammettere i tuoi errori: tutti sbagliano, ammetterlo dimostra maturità e integrità. E se così facendo fossi tu, agli occhi degli altri, il vero vincitore?
In sintesi, non lasciare che l’aggressore ti manipoli: l’aggressore potrebbe cercare di farti sentire in colpa o di farti dubitare di te stesso. Durante questo tipo di attacco, tieni sempre presente il contesto e la malafede del tuo avversario.
Dire che hai vinto e non ammettere mai la sconfitta
Non farti ingannare dalle apparenze: l’aggressore potrebbe cercare di farti credere di aver vinto anche quando non è vero. Non farti influenzare dalle sue affermazioni. Piuttosto, valuta la situazione in modo obiettivo: analizza i fatti e trai le tue conclusioni. Non aver paura di ammettere una sconfitta se è reale ed effettiva.
Infine, non lasciare che l’aggressore ti demoralizzi: una sconfitta non definisce chi sei. Resta in piedi e continua a lottare per i tuoi obiettivi.
Conclusioni
Le tre regole di attacco di Donald Trump funzionano? Beh, non sempre, e comunque è possibile difendersi. Molto dipende, comunque, da chi ci troviamo di fronte e dal contesto. Un approccio più sano al successo dovrebbe privilegiare l’apprendimento dagli errori, l’accettazione delle sconfitte e l’adattabilità. Ma spesso ciò, purtroppo, non viene né compreso né tantomeno praticato.
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