Propaganda, guerre ed eserciti sono sempre stati un binomio indissolubile fin dai tempi di Caino e Abele; per questo motivo, rivolgersi agli esperti di comunicazione militare è da sempre una grande idea per chi è alla ricerca di buoni consigli per ottenere uno storytelling persuasivo particolarmente efficace e vincente.
Tra i consulenti militari più attuali in questo campo troviamo gli psicologi Gregory S. Seese e Kendall Haven, che hanno preso spunto da un vasto corpus di studi neuroscientifici e di psicologia cognitiva per proporre una strategia di comunicazione narrativa al MISO, una struttura di supporto informativo dell’esercito americano.
L’importanza dello studio preliminare del pubblico di riferimento
I primi due concetti chiave individuati dai due studiosi sono la specificità e la rilevanza: nel rumoroso panorama dei messaggi di oggi, le semplici narrazioni faticano a influenzare gli altri. La chiave sta invece nel creare un messaggio potente che risuoni con il pubblico di riferimento e lo spinga ad agire.
Il primo passo è quindi svolgere un’analisi attenta della demografia, della psicografia e del contesto culturale delle persone a cui desideriamo rivolgerci, in quanto lo storytelling persuasivo non può che puntare alla creazione di un messaggio in sintonia con le loro credenze e valori.
Architettura narrativa e modello di influenza nello storytelling
Il terzo concetto chiave è l’architettura narrativa. La ricerca scientifica mostra che le storie con un impatto duraturo condividono un’architettura narrativa comune, differenziandole da altre narrazioni.
La metodologia proposta dai due autori si allinea a questa struttura, ma adattandola alle caratteristiche uniche del pubblico di riferimento.
Di che si compone questa architettura narrativa? Gli studi neuroscientifici sulle narrazioni hanno identificato otto elementi essenziali che controllano il coinvolgimento, l’attenzione, la rilevanza, il contesto e la comprensione in una storia. Questi elementi costituiscono il nucleo di ciò che i due autori definiscono: Modello di Influenza, e sono:
• i personaggi, la loro identità e ruolo rispetto alla storia;
• le loro caratteristiche, che devono essere scelte in modo da generar precise risposte nei lettori;
• gli obiettivi dei personaggi;
• i motivi che stanno dietro i loro obiettivi;
• i conflitti e i problemi che devono affrontare;
• il rischio di sconfitta e le conseguenze se non riescono nel loro intento;
• il loro dramma interno, i loro dubbi;
• i dettagli forniti dal narratore per guidare l’immaginazione del pubblico.
Come si vede, il modello differisce da quello del viaggio dell’eroe, in quanto si può applicare anche alle avventure di un antieroe o di un personaggio stile uomo qualunque.
L’accento cade più sulla psicologia dei singoli personaggi e sulla conseguente possibilità di immedesimazione con essi di un pubblico selezionato, seguendo una tendenza comune a tutte le correnti di storytelling e narratologia cognitiva.
Comprendere la Rete Narrativa Neurale
Molto importante, secondo i due autori, è acquisire una comprensione almeno a livello di base di come il cervello umano reagisce a una narrazione.
Il lavoro grosso lo fa la Rete Narrativa Neurale (NSN), un network neuronale che interpreta le informazioni narrative ed esperienziali in arrivo prima di raggiungere la mente cosciente. Questa NSN è essenziale per dare senso alle informazioni e svolge un ruolo critico nel processo di influenza narrativa.
Il concetto chiave è che la NSN svolge il suoi lavoro di selezione, orientamento, revisione del percepito prima di inviarlo alla coscienza, ossia in modo non consapevole per chi ascolta la narrazione.
L’abilità dello storytelling persuasivo risiede dunque nella sua capacità di persuadere i soggetti ben prima che essi ne siano consapevoli grazie all’opportuna stimolazione di questo vasto network.
La metodologia di storytelling Proposta per il MISO
Il messaggio deve esistere prima della storia, in quanto la narrazione non è che il modo per veicolarlo. Bisogna quindi prima avere in mente le caratteristiche del pubblico, cosa ci aspettiamo che faccia, che cambiamenti di atteggiamenti in esso devono succedere.
Si procede poi a definire il messaggio, a decidere cosa bisogna far sapere, di cosa si ha bisogno di credere, con quali metafore operare.
Si scelgono quindi i personaggi e la loro caratterizzazione e si decide se inserire o meno un nemico. Il nemico dovrà essere caratterizzato in modo chiaro e tale da far reagire ad esso in modo viscerale.
Solamente ora si scriverà la storia, cercando di renderla coinvolgente e interessante.
Un esempio pratico di storytelling strategico
Nel loro articolo, Seese e Haven danno un esempio concreto di applicazione del loro modello di storytelling.
Si tratta della progettazione di un video per motivare i genitori ex combattenti (quindi veterani di guerra) a riferire della presenza di mine in aree che sono state sottoposte a operazioni belliche.
Le credenze individuate su cui far leva è che solamente un genitore orribile potrebbe rifiutarsi di denunciare una mina pensando alle conseguenze che potrebbe avere sui suoi figli (senso del disgusto e della vergogna), e il desiderio comune a molte persone di salvare altre vite.
I temi narrativi utilizzati vanno dal messaggio che non c’è vittoria se continuiamo ad avere figli mutilati e un futuro migliore se questi ordigni restano in circolazione, fino al senso di responsabilità dei genitori.
Le immagini metaforiche coinvolgono bambini che giocano in un campo per poi saltare in aria, madri in attesa, padri che trasportano bambini feriti.
Il personaggio principale viene individuato nei bambini, l’antagonista nelle mine. La strategia di comunicazione è quella di far identificare il pubblico nei genitori dei bambini, che hanno il compito di proteggerli.
Il finale deve essere altamente negativo e drammatico, in modo da far leva sul senso di responsabilità dei genitori per azionarsi ed evitare incidenti segnalando la presenza di mine.
La storia che viene alla fine scelta racconta di cinque bambini che giocano e cantano. Ad ogni esplosione di una mina, una voce che canta sparisce, fino al silenzio totale. In finale, appare la scritta: “Nessuna persona responsabile permette che una mina distrugga la famiglia per cui ha combattuto. Sarai responsabile? Segnala mina inesplose o sospette al numero …”
In sintesi, lo storytelling persuasivo coinvolge la comprensione dei processi neurali e cognitivi che rendono le storie impattanti (neurostorytelling). L’aspetto più interessante del modello proposto dai due studiosi è, tuttavia, l’incorporazione e l’adeguata considerazione non solo degli aspetti psicologici e neuroscientifici, ma anche più squisitamente narratologici.
Per approfondire ulteriormente trovi l’articolo originale a questo link: The Neuroscienze of Influential Strategic Narratives and Storylines.
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