I social media svolgono un ruolo sempre più attivo nella formazione delle nostre opinioni e decisioni, rivoluzionando il modo in cui le persone interagiscono con le informazioni e sovvertendo il mondo della comunicazione tradizionale.
Il ruolo ormai decisivo svolto dalle piattaforme, tuttavia, non è certo positivo. Lo scandalo Facebook Analytica ha ampiamente dimostrato la potenza manipolatoria di piattaforme come Facebook, Twitter e TikTok.
Le neuroscienze e la psicologia cognitiva hanno illuminato ormai da anni le ragioni che stanno alla base del loro potere e la loro pericolosità.
In questo breve articolo cercherò di confrontare i social media con i media tradizionali come la televisione e i giornali per individuarne i punti di contatto e le differenze e cercare di capire come le neuroscienze e la scienza cognitiva possono aiutarci a capirne il potere che hanno su di noi.
Velocità di diffusione dell’informazione
Una delle differenze chiave tra i social media e i media tradizionali è la velocità con cui le informazioni vengono diffuse. I social media consentono una distribuzione istantanea delle notizie, creando un ambiente in cui le informazioni possono diffondersi a tutto il pianeta in pochi minuti.
Questa rapidità può influenzare la formazione delle opinioni in modo più immediato rispetto alla televisione o ai giornali, che spesso richiedono più tempo per produrre e diffondere contenuti e consentono reazioni più meditate e ponderate.
Ciò si traduce in una parola che tutti ormai conoscono: viralizzazione. In psicologia si parla di contagio emotivo, il fenomeno per cui un’emozione (ad esempio la rabbia) si diffonde da un gruppo limitato di persone alle masse in tempi di una velocità sbalorditiva, generando ondate di comportamenti collettivi incontrollati e incontrollabili.
Personalizzazione dell’Esperienza
I social media offrono un’esperienza altamente personalizzata, dove gli algoritmi analizzano i nostri comportamenti online per fornire contenuti mirati. In sostanza, non ti viene fornita l’informazione o la verità, ma quello che ti piace credere, come giustamente osservato da Eli Pariser nel suo libro: “The Filter Bubble: What the Internet Is Hiding from You” (2011).
Questa personalizzazione crea “bolle informative”, in cui le persone sono esposte principalmente a opinioni e punti di vista simili ai propri. Tale fenomeno può influenzare la percezione della realtà e plasmare le opinioni in base alle informazioni a cui si è esposti.
Il problema è che nelle bolle non ci sono spunti critici o voci difformi. Siamo totalmente circondati da persone e contenuti che la pensano come noi, manca cioè qualsiasi possibilità di formarsi una reale informazione critica, che tenga conto anche dei punti di vista di chi non la pensa come noi.
Purtroppo, persone così convinte delle loro opinioni non possono che dar luogo a un mondo estremamente polarizzato tra chi la pensa come noi e chi no. Non stupisce l’aumento esponenziale di fenomeni di odio e intolleranza.
I giornali e la televisione presentano ovviamente problemi simili, ma attenzione: qui soccorre le deontologia professionale dei giornalisti e alcune limitazioni legislative. Mentre si si sono predisposti degli strumenti di controllo legislativi, questo è ancora lungi dal venire per i social media.
Interazione e coinvolgimento
A differenza dei media tradizionali, i social media permettono un coinvolgimento attivo. Gli utenti possono commentare, condividere e partecipare attivamente alle conversazioni. Questo livello di interazione può amplificare l’influenza dei social media, poiché le persone sono coinvolte direttamente nella creazione e diffusione del contenuto.
In uno studio ormai storico del 2012, “The Spread of Behavior in an Online Social Network Experiment“, Aral e Walker hanno dimostrato l’impatto di Facebook sia nelle decisioni di acquisto che elettorali. Un altro studio, quello di Chevalier e Mayzlin del 2006, ha messo in evidenza come le persone tendano a uniformare i loro modelli di acquisto alle loro amicizie e collegamenti sui social. L’influenza dei social sulle persone è stata dimostrata anche dall’influenza che ha avuto Twitter sulle presidenziali americane del 2016.
Condizionamento intermittente e dopamina
Il ruolo attivo svolto dall’utente dei social media è alla base del meccanismo dei like e delle condivisioni che, secondo lo psicologo Gerd Gigerenzer (Gerd Gigerenzer, Perché l’intelligenza umana batte ancora gli algoritmi, 2023) consentirebbe una vera e propria regolazione dei comportamenti collettivi in forma occulta tramite il rinforzo intermittente.
Si somministra al soggetto bersaglio uno stimolo piacevole (il like) non in modo continuo ma irregolare, in modo da aumentarne le aspettative e la tensione dell’attesa. Questo tipo di rinforzo genera i comportamenti che maggiormente durano nel tempo, permettendo di “addestrare” in modo efficace milioni e milioni di persone.
L’aspettativa legata all’attesa del fatidico like o della condivisione stimola i circuiti di premio e ricompensa collegati in vario modo alla dopamina, un ormone che gioca un ruolo importante in questo tipo di meccanismi.
Il risultato finale è una forma di assuefazione ai social media e ai loro sistemi premiali che stimola ulteriormente l’utente a passarci tempo e attenzione. C’è addirittura chi li paragona a una droga, come il neuroscienziato Stefano Canali. Tutto ciò nei media tradizionali non avviene.
Facilità e gratuità
Un altro trucco per creare applicazioni e social media di successo è semplificare i meccanismi della vita quotidiana sfruttando la propensione del nostro cervello a cercare sempre la via più facile.
Rendere l’informazione fornita via web più immediata e semplice da ottenere di quella che proviene dai giornali è stato un passaggio fondamentale per l’affermazione dei social media. Andare all’edicola a comprare il giornale è comunque più faticoso che stare in casa, accendere il computer e raggiungere con qualche clic la timeline del nostro social preferito.
Un altro elemento da considerare è la gratuità: l’informazione fornita da motori di ricerca, pagine dei provider di servizi digitali, social network e via di seguito è sempre gratis. I giornali costano, il web no: un fattore competitivo spiazzante, a cui è difficile fare fronte.
Fonti di Informazione e affidabilità
Mentre i giornali e le trasmissioni televisive spesso seguono standard editoriali rigorosi, i social media consentono a chiunque di diventare una fonte di informazioni. Questa democratizzazione dell’informazione può portare a una varietà di opinioni, ma solleva anche preoccupazioni sulla veridicità e l’affidabilità delle notizie.
Non è un caso che Umberto Eco disse che la comunicazione digitale avrebbe dato il potere a chi era meglio non parlasse. Più che informazione, i social generano rumore: una massa caotica di opinioni, umori, fake, disinformazione che è ormai uscita totalmente dal controllo.
Il problema è che questa materia informativa, oscura e incontrollata, ha un grande potere di influenza sulle nostre decisioni e informazioni per i meccanismi che abbiamo appena descritto.
Ruolo dell’emotività
I social media spesso si basano sull’emozione per attirare l’attenzione degli utenti. Contenuti emotivi, sia positivi che negativi, hanno maggiori probabilità di essere condivisi e commentati. Questa enfasi sull’emozione può influenzare la formazione delle opinioni in modo più profondo rispetto ai media tradizionali che possono essere più neutri nella presentazione delle informazioni.
Sembrerebbe, tra l’altro, che gli algoritmi tendano a premiare questi contenuti emotivi proprio perché più in grado di generare coinvolgimento e quindi maggiormente in grado di decretare il successo del social media di turno.
È un gatto che si morde la coda: più i contenuti sono emozionali, più l’algoritmo li premia. Anche la televisione ha effetti analoghi, e in misura minore i giornali.
Aumento della depressione e dell’ansia
Una ricerca britannica ha scoperto una correlazione tra aumento dei disturbi negli adolescenti legati ad ansia e depressione e social media che arriverebbe al 70%!
La depressione e l’ansia sono stati d’animo collegati alle nostre decisioni. Ad esempio, l’ansia può stimolare comportamenti compulsivi. Il FOFO marketing si basa proprio sul generare uno stato di ansia compulsiva negli utenti che spinge a comprare per paura che il prodotto si esaurisca o di restare tagliati fuori da qualche esperienza significativa, ad esempio un concerto.
Anche la depressione sembrerebbe essere collegata alla tendenza a comprare e consumare di più per trovare una forma di compensazione alla sensazione di latente infelicità o per altre dinamiche psicologiche che l’indagine neuroscientifica sta cercando di comprendere.
I vecchi media da questo punto di vista sembrano più rassicuranti. Eppure, anche nel giornalismo vale la buona regola di mettere in prima pagina le brutte notizie, in quanto sembrerebbe che le storie tristi hanno un potere di coinvolgimento maggiore di quelle a lieto fine.
Intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale può aumentare di parecchio il già notevole potere dei tradizionali algoritmi digitali, e rendere i social media particolarmente insidiosi.
Questo avviene in almeno in tre modi:
- creazione di fake news particolarmente efficaci grazie alla loro capacità di imitare perfettamente la realtà. Secondo una recente ricerca scientifica, i volti creati con l’IA sarebbero addirittura più realisti di quelli veri
- aumento delle capacità di calcolo, dell’efficacia ed efficienza dei social media e degli algoritmi che vi stanno dietro
- profilazione istantanea degli utenti e conseguente aumento della capacità delle piattaforme di creare non solo contenuti su misura, ma anche in grado di manipolarci subdolamente.
Per fortuna, l’intelligenza artificiale è oggetto di profondi dibattiti e delle prime misure legislative di controllo. Gli interventi dell’Unione Europea cercano di limitare lo scoring, ossia la profilazione degli utenti con dei punteggi per stabilirne caratteristiche chiave come, ad esempio, l’affidabilità bancaria o alla guida, e prevenire possibili abusi.
In sintesi
In conclusione, i social media hanno un impatto significativo sulle decisioni e opinioni delle persone, plasmando la nostra percezione del mondo in modi unici. La velocità di diffusione, la personalizzazione dell’esperienza, l’interazione diretta, la facilità e gratuità, gli effetti del condizionamento intermittente sono i fattori che li distinguono maggiormente dai media tradizionali come i giornali e la televisioni e il motivo per cui sono più efficaci.
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