Gli umani non sono delle entità isolate, ma esseri sociali perfino a livello di cognizione, una funzione che necessita di uno spazio interpersonale per poter funzionare. Almeno, questo sembra il risultato a cui si perviene in base alle ricerche del neuroscienziato Uri Hallson.
Per noi occidentali, abituati all’individualismo più sfrenato, questa conclusione non può che suonare strana e controintuitiva. Gli orientali, che provengono invece da una cultura più olistica e sociale, la troveranno probabilmente banale e forse un po’ scontata.
Non mancano comunque studiosi che hanno valorizzato il lato sociale della cognizione anche in occidente; tra i tanti ricordiamo il celebre psicologo Jerome Bruner, uno dei padri della narratologia cognitiva, che tra l’altro mise in essere proprio il ruolo fondamentale delle narrazioni nella creazione del senso di sè degli individui.
La sincronizzazione cerebrale secondo Hallson
Secondo Hallson, i processi neurali che avvengono in un singolo cervello sono sistematicamente accoppiati con analoghi processi che avvengono nei cervelli di altre persone. Questo fenomeno è stato definito: “sincronizzazione cerebrale”.
Non si tratta però di telepatia; la sincronizzazione cerebrale sfrutta semplicemente una matrice comunicativa fatta dei mille segnali sensoriali (visivi, uditivi, olfattivi, ecc.) che attraversano ogni secondo l’ambiente.
Questo accoppiamento tra l’attività neurale cerebrale dei membri di un gruppo influenza pesantemente non solo la coscienza e ciò che pensiamo, ma anche i comportamenti e gli atteggiamenti sociali.
L’autore fornisce alcune prove sperimentali della sua teoria. Le oscillazioni corticali generate dal campo magnetico cerebrale di un soggetto cambiano sensibilmente da una situazione di solitudine a una in cui è presente un’altra persona; altri studi hanno evidenziato il fenomeno anche in una classe scolastica e nei rapporti madre e figlio. Per chi vuole approfondire gli aspetti più propriamente di laboratorio, consiglio il libro della professore Michela Balconi, Neuroscienza della Emozioni (2020).
Corpo, mente, collettività e sincronizzazione cerebrale
La sincronizzazione cerebrale va però oltre il lato puramente psichico. Il nostro corpo è qualcosa di profondamente integrato, per cui quando due persone si sintonizzano vengono coinvolti anche i muscoli, lo scheletro e probabilmente perfino il sistema ormonale.
Quando vediamo qualcuno danzare l’hip hop, ad esempio, cominciamo automaticamente a muoverci a ritmo e a simulare quello che fa il ballerino non solo con le gambe e le braccia ma anche col cervello. È la totalità del corpo che si attiva, facendoci provare tutta una serie di sensazioni ed emozioni analoghe a quelle che sta sperimentando il ballerino. Tramite il corpo, nel ballo e nella danza viene influenzata anche la mente.
La sincronizzazione cerebrale apre inoltre la strada all’ammissibilità di emozioni collettive e delle conseguenti risposte comportamentali personali e di gruppo che vi sono collegate.
Queste si differenziano da quelle individuali perché basato non sull’identità personale, ma su quella sociale (si pensi ai tifosi allo stadio) e sulla condivisione tra tutti i membri di ricordi comuni. Diventano così spiegabili fenomeni come il contagio emotivo, che descrivono il rapido propagarsi di uno stato emozionale (di gioia, rabbia, paura) in una folla.
La sincronizzazione cerebrale può anche operare in campo estetico, soprattutto nel cinema: ci sincronizziamo non solo con i personaggi che vediamo sullo schermo, ma anche con gli altri spettatori.
La sincronizzazione cerebrale come indice di successo delle storie
La sincronizzazione cerebrale potrebbe quindi spiegare perché alcune narrazioni hanno successo ed altre no: più l’attività cerebrale viene sincronizzata tra coloro che seguono la narrazione, più la storia piace.
E in effetti si è dimostrato che la ISC (Inter Subject Syncrony of Brain Activity – sincronizzazione cerebrale tra soggetti) può essere un buon indice di previsione di successo di film, video e pubblicità. La ISC ci può anche dire se il pubblico starà attento durante una proiezione o uno spettacolo: più è forte, maggiore sarà l’attenzione.
Tuttavia, attenzione, la sincronizzazione cerebrale viene influenzata da moltissimi fattori, quali l’omogeneità culturale del target di riferimento, la natura dell’esperienza condivisa, le caratteristiche individuali dei soggetti.
Anche se manca ancora un accordo tra i ricercatori, parrebbe che qualsiasi contenuto in grado di generare una eccitazione emotiva elevata, non importa se a valenza positiva o negativa, o collegato al senso di identità sociale, sia anche in grado di sollecitare fortemente la ISC.
Conclusioni e punti da ricordare
In conclusione, le ricerche del neuroscienziato Uri Hallson evidenziano la profonda interconnessione tra gli individui a livello cognitivo, ribaltando l’idea dell’essere umano come un’entità isolata. La sincronizzazione cerebrale, un fenomeno che si basa su una complessa matrice comunicativa di segnali sensoriali, gioca un ruolo significativo nella formazione della coscienza, dei pensieri, dei comportamenti e degli atteggiamenti sociali.
L’autore fornisce prove sperimentali della sua teoria, dimostrando come le oscillazioni corticali di un individuo cambino significativamente in presenza di altre persone, influenzando anche il corpo, i muscoli e persino il sistema ormonale. La totalità del corpo si attiva durante momenti di sincronizzazione, come nella danza, creando un legame tra mente e corpo.
La sincronizzazione cerebrale apre la strada a emozioni collettive e risposte comportamentali condivise, distinguendosi dalle esperienze individuali. Fenomeni come il contagio emotivo in una folla diventano spiegabili attraverso questa connessione cerebrale condivisa.
Infine, la sincronizzazione cerebrale emerge come possibile indicatore di successo per narrazioni, film, video e pubblicità. L’Inter Subject Syncrony of Brain Activity (ISC) si configura come un potenziale predittore di gradimento e attenzione del pubblico, anche se influenzata da vari fattori come l’omogeneità culturale, la natura dell’esperienza condivisa e le caratteristiche individuali.
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