Teoria del prospetto, comunicazione e design: la regola di fine picco

Di un’esperienza, ricordiamo solamente i picchi emozionali (positivi o negativi) e la fine. Questo ci insegna la regola di fine picco (peak end rule, in inglese), una delle tante conseguenze della più generale teoria del prospetto elaborata dal premio Nobel Daniel Kahneman, fondatore della neuroeconomia.

Secondo Kahneman, le persone non seguono sempre una logica lineare nel prendere le loro decisioni (come pretenderebbe la teoria economica classica), ma piuttosto sono guidate da considerazioni che potrebbero apparire a prima vista irrazionali.

E quando si parla di memoria e organizzazione del ricordo degli eventi passati, la nostra percezione della vita sarebbe organizzata in forma di narrazioni soggettive che riordinano il nostro vissuto e che vengono costruite selezionandone i momenti emozionalmente più significativi e tralasciando gli altri.

In questo modo, il nostro cervello risparmia risorse cognitive: ricordare ogni attimo di un’esperienza sarebbe infatti tutto sommato dispendioso e inutile.

La prova sperimentale della regola di fine picco

La regola di fine picco è stata dimostrata da un esperimento di Daniel Kahneman e Barbara Frederickson del 1993 che è rimasto celebre nella storia della neuroeconomia.

A un gruppo di studenti fu chiesto di tenere le mani in acqua fredda per alcuni minuti. Fu scoperto che gli studenti preferivano sopportare questa sgradevole situazione più a lungo, ma a condizione che verso la fine l’acqua venisse riscaldata.

Questa conclusione inaspettata fornì la prova sperimentale che la fine di un’esperienza era in grado di modificare la percezione delle fasi precedenti l’esperienza stessa.

Nella formazione della loro decisione, gli studenti non davano quindi importanza alla media emotiva di ogni singola fase come ci si sarebbe aspettato, ma esageravano la valutazione dei momenti finali.

Altri esperimenti successivi hanno confermato e completato la scoperta di Kahneman. Si è così scoperto che i picchi emotivi che viviamo durante un’esperienza possono essere influenzati dallo stato emotivo in cui ci troviamo alla partenza, oltre che dalle aspettative inziali o addirittura dallo scopo che si è prefissato l’utente.

Le applicazioni della regola di fine picco nel marketing e nel copywriting

La regola di fine picco può essere applicata in svariati ambiti e spiega molti fenomeni che tutti noi viviamo quotidianamente.

In sanità, ad esempio, la gentilezza e la sensibilità del personale medico possono alleviare di parecchio il disagio di un esame fastidioso.

In un negozio, il sorriso e il senso di calore della commessa dopo che abbiamo pagato ci può spingere a ritornare un’altra volta, mentre al ristorante un dessert ben fatto può salvare un’esperienza utente per altri versi disastrosa.

Nel copywriting, ci ricorda l’importanza di concludere copy e post in modo da instillare emozioni positive nel lettore (la soluzione del problema) risolvendo gli eventuali picchi negativi creati nella fase iniziale o argomentativa (il problema che il consumatore si trova a fronteggiare).

Nella scrittura creativa, la regola di fine picco si ritrova sia nella commedia che nel dramma, anche se usata con intenzioni opposte: nel primo caso divertire e lasciare agli spettatori un senso di sollievo e felicità, nel secondo caso portare invece le persone a ricordare e a riflettere (tendiamo a ricordare maggiormente un’emozione negativa).

L’applicazione della regola di fine picco in UX Design

Il settore dove la regola di fine picco trova maggiore applicazione resta comunque il web design. La navigazione di un’interfaccia grafica ricorda infatti una narrazione, non a caso viene chiamata “customer journey”. E come ogni esperienza narrativa che si rispetti, può finire bene o in tragedia.

Nonostante tutte le piattaforme abbiano dei punti deboli, se si riesce a creare dei momenti piacevoli e un adeguato happy end possiamo comunque cavarcela, almeno stando alla regola di fine picco.

Questo risultato può essere ottenuto in diversi modi:

  • mediante l’uso sapiente di una grafica attraente;
  • con un’opportuna scelta delle microcopy, ossia dei testi che scandiscono i punti salienti dell’esperienza utente;
  • evitando errori grossolani, come fastidiosi pop-up che ostacolano la navigazione o peggio cercando di ritardare la chiusura della pagina.

Verificare i picchi emotivi della customer journey col neuromarketing

Come fare a verificare i picchi emotivi e l’impressione emotiva lasciata dalla conclusione dell’esperienza utente? Oggi, con la strumentazione di neuromarketing diventa possibile in modo relativamente facile.

Tramite dei test condotti con la combinazione di strumenti che vanno dall’eye-tracker all’elettroencefalogramma e all’anello di misurazione della risposta galvanica si riescono infatti a ottenere dei grafici in cui vengono misurate sia le aree di attenzione che l’andamento della risposta emozionale di chi visita un sito web.

Otteniamo così risposte abbastanza certe su dove si formano i picchi emotivi e un rilevamento accurato sia della valenza (ossia se l’emozione è positiva o negativa) che della intensità della risposta emozionale per ogni singola fase del “customer journey”.

Regola di fine picco, narrazione e benessere collettivo

L’alleanza tra neuroeconomia e neuroscienze può quindi aprire nuove prospettive sia per la progettazione dei servizi e dei prodotti, sia per la creazione di contenuti, sia più genericamente per la comunicazione.

L’ulteriore integrazione con l’intelligenza artificiale e i big data potrebbe aggiungere ulteriore combustibile a una spinta innovativa che negli ultimi anni ha già dimostrato tutta la sua capacità di essere “disruptive” e di saper terremotare l’angusto mondo della pubblicità e della creatività tradizionale.

Il salto di qualità è rappresentato quindi non tanto dalla scoperta della regola di fine picco o dalla teoria del prospetto di Kahneman, ma dalla possibilità di rilevare le valenze emotive e misurarle, ottenendo finalmente dei dati precisi su dove la nostra narrazione – sia essa visiva che testuale – si inceppa o può essere migliorata e aprendo per la prima volta la strada alla possibilità di trasformare questa scoperta in strumento utile per la pratica.

Nascono così per designer, creatori di contenuti e uomini di marketing nuove possibilità che, se dirette verso la maggior utilità per gli utenti e non alla loro manipolazione, non possono che risolversi in un aumento del benessere e dell’utilità della società nel suo complesso.

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Per approfondire, ti consiglio la lettura del mio libro Neurocopywriting, dedicato all’applicazione delle neuroscienze alla comunicazione, oppure gli articoli:

Farsi ricordare: come scrivere la conclusione di un articolo, post tesi o relazione

Neuromarketing e pubblicità

Fonti consultate:

Un articolo sul peak end rule del Nielsen group: https://www.nngroup.com/articles/peak-end-rule/#:~:text=Definition%3A%20The%20peak%E2%80%93end%20rule,weighted%20in%20our%20mental%20calculus.

Esperimenti recenti sul peak end rule:

A test of the peak-end rule with extended autobiographical events | SpringerLink

Full article: How to bring the news … peak-end effects in children’s affective responses to peer assessments of their social behavior (tandfonline.com)

Gestalt characteristics of experiences: the defining features of summarized events

Peak-end pizza: prices delay evaluations of quality | Emerald Insight

Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

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