Canta che ti passa: il potere consolatorio della musica

Una delle prime cose che s’imparano è il grande potere della musica non solo di evocare particolari momenti della vita con una grande intensità, ma addirittura di addolcire e rendere più sopportabili i momenti più tristi.

La musica ha, in sostanza, un grande potere consolatorio, oggi dimostrato dalla ricerca scientifica, ad esempio, giusto per citarne alcune, quelle svolte Kelly Jakubowski. Comparando melodie con gli analoghi sonori o verbali, la studiosa ha dimostrato non solo la superiorità in termini di attivazione mnemonica di ritmi e armonie, ma anche il loro potere di alleviare e rendere sopportabili i ricordi negativi delle persone.

Del resto, che la musica abbia il potere di alleviare il dolore è ben noto a tutti coloro che devono sopportare, per un qualsiasi motivo, sforzi fisici o situazioni difficili. Dai canti dei prigionieri o dei soldati in guerra a chi si allena o sta facendo running, gli esempi di come la musica possa svolgere un ruolo consolatorio o di coadiuvante a sopportare il dolore è cosa ormai ben nota.

Oggi abbiamo una prova scientifica anche su questo punto. Una ricerca svolta nel 2019 con l’utilizzo dell’elettroencefalografo ha dimostrato che l’ascolto di musica durante una prova fisica aumenta le energie dei partecipanti e ne migliora l’umore. Ciò sembrerebbe dovuto a una maggiore potenza delle onde beta nelle aree frontali e centrali della corteccia cerebrale.

Attenzione, però, che la musica non è l’unico fattore. Sempre secondo Kelly Jakubowski, una concausa del forte potere evocativo della musica potrebbe essere che ascoltiamo musica in momenti in cui siamo poco concentrati (ad esempio quando facciamo ginnastica o i lavori di casa) e la nostra mente è maggiormente libera di vagare e quindi ricordare o andare al passato.

Anche la familiarità con il brano ascoltato influenza il potere della musica: i brani più conosciuti hanno un potere evocativo dei ricordi personali più forte di brani sconosciuti, e la normale musica commerciale risulta più efficace di quella classica, probabilmente per la sua maggiore facilità cognitiva.

Non manca neanche il lato negativo: secondo una ricerca del Max Planck Institute, la musica aumenta la propensione al rischio, forse per via del suo effetto lenitivo ed esaltante, cosa non sempre positiva, in quanto in attività come la guida può non solamente deconcentrare, ma anche spingere a premere troppo sull’acceleratore.

In conclusione, come ogni cosa, la musica fa bene, ma nel contesto giusto: ricordiamocelo quando dobbiamo fare attività che richiedono concentrazione ma soprattutto prudenza, e non soltanto al volante.

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Immagine di lookstudio su Freepik

Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

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