Le microcopy sono quei testi stringati, ma strategici, che ci convincono a compiere un’azione e che precedono o sostituiscono i comandi e le call to action. I nudges, o spinte gentili, sono invece un nuovo approccio (premiato con il Nobel) elaborato dalla neuroeconomia per ridurre l’impatto di bias ed euristiche e facilitare il decision making.
L’applicazione dei nudges e dell’approccio della psicologia comportamentale alle microcopy può dare dei risultati di grande impatto. In questa intervista, Laura Mondino, esperta di neuroscienze cognitive e autrice del libro: “Nudge revolution”, ci dà alcuni esempi di utilizzo di questo nuovo approccio.
Laura, potresti presentarti brevemente ai lettori?
Ho due grandi passioni le Neuroscienze cognitive e la Comunicazione, temi che hanno molte più cose in comune di quanto si pensi. Non a caso, come spesso uso dire per raccontarmi: scrivo di scienza come se fosse letteratura e faccio conversare Steinbeck (lo scrittore americano premio Nobel per la letteratura) con Kahneman (lo psicologo israeliano, premio Nobel per l’economia) e Thaler (altro Premio Nobel e papà dei Nudge).
Brevemente aiuto organizzazioni, aziende e le persone in generale ad applicare i principi delle Neuroscienze cognitive nei luoghi di lavoro, risparmiare sulle bollette, ridurre l’inquinamento, facilitare la compliance a cure e trattamenti e tanto altro.
In due parole, cos’è un nudge e come si può applicare alle microcopy?
I nudge sono strategie che aiutano le persone a fare scelte funzionali al loro benessere, alla salute, al portafoglio e alla loro felicità. Senza scendere in eccessivi tecnicismi possiamo pensare ai Nudge come alle strategie che Sun Tzu ha raccolto nell’Arte della guerra. I cui principi insegnano a vincere il nemico senza combattere, usandone a proprio vantaggio la forza. I nudge utilizzano la umana irrazionalità (bias ed euristiche), per costruire opzioni di scelta vantaggiose per il comportamento che vogliamo incentivare.
Un esempio di nudge applicato alle microcopy è quello del sistema opt-in nella donazione degli organi. In alcuni Paesi, fra cui l’Italia, esiste un sistema opt-in, per cui un cittadino deve esprimere attivamente il consenso alla donazione. Senza il consenso esplicito, non è possibile prelevare i suoi organi dopo la morte. In altri Paesi vige invece un sistema di opt-out, per cui tutti i cittadini, sin dalla loro nascita, sono “di default” donatori di organi. Solo se esprimono esplicitamente il loro dissenso diventano non donatori.
Nei Paesi opt- out, il tasso di donazione degli organi è superiore al 90%, in quelli opt-in è del 15%. La libertà di scelta è la medesima, non sono stati imposti divieti né obblighi: il cittadino è libero di scegliere, ma nel caso del sistema opt-out è stato “spinto” verso una scelta che è un beneficio per l’intera comunità.
Ora, se l’opzione di default funziona quando si tratta di donare gli organi, a maggior ragione può funzionare su decisioni di gran lunga meno importanti, come quelle che facciamo ogni giorno quando acquistiamo qualcosa online.
Un esempio su tutti? Il rinnovo automatico di un abbonamento a un servizio. Nella maggior parte dei casi, questa opzione è quella di default, per cui l’utente deve attivarsi (anche semplicemente deselezionando una casella) per disattivare questa funzione. Usando il rinnovo automatico come opzione di default, le aziende traggono molti benefici dall’inerzia e dalla pigrizia dei loro utenti.
Un esempio ampiamente studiato di applicazione dei nudges alle microcopy è come chiedere alla gente di pagare le multe…
Esatto. Secondo una recente statistica fornita dalla Confederazione Italiana Artigianato di Mestre, oltre la metà degli italiani paga le multe in ritardo. Questo problema è mondiale ed è stato affrontato anche negli Stati Uniti.
Il problema è stato risolto in vari modi, ad esempio prelevando direttamente la multa dalla carta di credito del consumatore. A livello di microcopy, si potrebbe invece provare a inserire la frase: “X persone hanno già pagato questa multa”, in modo da far leva sulla riprova sociale e di conseguenza sull’effetto gregge.
La psicologia comportamentale ci insegna infatti che il conformismo è una leva potentissima: se vedo che il mio gruppo di riferimento fa qualcosa, la spinta a seguirlo è spesso insopprimibile. Noi tutti vogliamo infatti essere accettati e un modo per esserlo è, in molti casi, uniformarci a ciò che fa la maggioranza. Ecco un esempio di spinta gentile.
Perché invece la paura della sanzione o della repressione funziona meno?
La paura ha un effetto limitato nel tempo sulla nostra psiche. Inoltre,quando ci viene proibito qualcosa, la più comune delle reazioni è la reattanza, un fenomeno che consiste nel rifiuto di accettare regole che limitano i comportamenti individuali.
La reattanza si manifesta soprattutto quando la persona si sente eccessivamente costretta in una direzione che non condivide. Risultato? Adotta esattamente il comportamento opposto. I principi centrali della teoria della reattanza sono due: e uno dei comportamenti che una persona può scegliere è minacciato di eliminazione (per effetto di una legge, per esempio), l’individuo sperimenterà la reattanza emotiva.
Tra l’altro, il comportamento vietato aumenterà automaticamente in attrattiva e porterà il soggetto a battersi per riconquistare il livello di libertà individuale perduto.
Laszlo Bock, a suo tempo direttore delle Risorse Umane di Google, istituì i “lunedì senza carne”, per spingere i dipendenti a un consumo di carne più consapevole. Se i vegetariani si rallegrarono, altri gruppi si indignarono fino ad allestire un barbecue nel parcheggio.
La lezione imparata è stata che ai dipendenti «non piaceva quando l’azienda faceva le scelte per loro». Per cambiare i comportamenti, la cosa migliore in assoluto non è eliminare tutte le alternative, ma disegnare la scelta desiderata in modo tale da renderla più appetibile rispetto a tutte le altre.
Anche lo sconto per chi paga subito sembra funzionare poco
Nonostante l’incentivo rappresentato dal 30% di sconto per chi paga la multa entro 5 giorni dalla ricezione, oltre la metà degli italiani va in mora, e questo la dice lunga. Il legislatore non conosce un altro bias comune nelle persone, l’hyperbolic discounting (sconto iperbolico).
Non è altro che la propensione a scegliere, sempre e comunque, il piacere immediato rispetto la felicità a lungo termine. È lo stesso atteggiamento che abbiamo quando pensiamo di smettere di fumare, metterci a dieta… Quando cioè vogliamo cambiare un’abitudine. Cosa diciamo? Domani smetto… (non oggi).
Insomma, gli incentivi monetari non sempre sono la leva giusta per spingere qualcuno a cambiare abitudini e comportamenti.
Qualche altro esempio dell’utilizzo dell’istinto di gregge nel copywriting?
Prendi le campagne sociali. L’errore tipico che si fa in questo tipo di pubblicità progresso è voler sensibilizzare sulle cattive conseguenze della droga, dell’alcol o della criminalità. In alcuni casi il risultato è paradossale: le persone finiscono per essere attratte dal comportamento opposto perché lo considerano la norma. Quindi se lo fanno tutti (effetto gregge), lo voglio fare anch’io per essere accettato (riprova sociale).
Invece, l’approccio di dire semplicemente che la maggioranza delle persone non beve, non si droga ed è onesta è meno pericoloso e più efficace, sempre per la leva dei due effetti (riprova sociale ed effetto gregge) che abbiamo visto prima.
Ciò che va fatto è rafforzare i messaggi positivi a favore dei comportamenti corretti piuttosto che vietare quelli scorretti.
Si possono usare altre leve oltre all’effetto di gregge nelle microcopy?
Certamente. La semplificazione, ad esempio; rendere chiara e semplice una procedura in tutti i suoi passaggi è sempre una buona strategia, in quanto il nostro cervello tende a risparmiare risorse e ad apprezzare chi gli semplifica la vita.
Purtroppo, lo Stato italiano fa spesso il contrario. Le procedure sono confuse, anche chi vuole mettersi in regola trova spesso meccanismi cervellotici e una burocrazia kafkiana. Già usare dei termini comuni e non burocratici aiuterebbe.
Un altro fattore da considerare è il tempo. Nel Kentucky hanno fuso istinto di gregge e tempo in microcopy tipo: “La maggior parte delle persone che ricevono una multa la pagano entro 13 giorni”. Poi è stato aggiunto un pulsante, con su scritto “Paga adesso”, insomma una vera e propria call to action che ha generato il 10,5% di pagamenti in più già solo nel primo mese.
Quando invece è stato introdotto lo sconto di 10$, per pagare nei termini, la crescita non è stata significativa. Questo a dimostrazione che non sono gli incentivi economici a renderci più virtuosi, ma le spinte gentili.
Altre spinte gentili utilizzate sono legate all’identità di gregge. Un esempio celebre è legato alla campagna elettorale di Obama. Cambiando la domanda da: “pensi che sia importante votare” a “Pensi che sia importante essere un elettore” ha fatto incrementare di circa il 10% l’affluenza alle urne.
Il motivo? La seconda formulazione fa leva sull’orgoglio di essere un elettore e sul senso di appartenenza, la prima semplicemente sulle opinioni dell’intervistato. Ruolo e identità sono evidentemente spinte gentili più potenti di quello che si pensa.
Puoi darmi degli altri esempi di applicazione dei nudges, magari casi che hai trattato nel tuo lavoro?
Un esempio di campagna vincente è quella denominata Keep Britain Tidy, pensata per incentivare i padroni dei cani a raccogliere gli escrementi lasciati per strada dai propri animali. In diversi spazi all’aperto sono stati posizionati cartelloni stradali raffiguranti due occhi incriminanti che paiono guardare chiunque passi in prossimità e la didascalia: «Thoughtless dog owners. We’re watching you!», (tradotto suona più o meno così: “Maleducati padroni di cani, vi stiamo guardando!”).
Dallo studio è emerso che dopo l’installazione si è verificata una riduzione del 46% del numero di casi in cui i padroni non pulivano gli escrementi del proprio cane; inoltre, nel 75% dei posti analizzati c’è stata una riduzione del fenomeno. Anche in questo caso, la versione del cartellone con un messaggio che faceva leva sia sull’effetto priming sia sulla riprova sociale («9 padroni su 10 puliscono i bisogni dei propri cani. Sei tu quello che non lo fa?») è stata ritenuta più efficace rispetto alle altre tre differenti versioni, fra cui una priva di scritte.
L’ultimo esempio lo voglio fare sulle abitudini alimentari, mettendo l’accento su quanto rimaniamo influenzati sia dalla taglia dei commensali, sia da quella del cameriere. A seconda della corporatura del cameriere può cambiare tipo e numero di portate ordinate: al variare dell’indice di massa corporea (IMC) del cameriere, cambia il quantitativo di cibo mangiato e di liquidi bevuti a tavola.
E, in particolare, più il valore dell’IMC (che si ottiene dividendo il proprio peso corporeo in Kg per il quadrato della propria altezza in metri) è alto, più chi siede al tavolo tende a ordinare cibi ipercalorici, dolce, liquori e caffè zuccherato a fine pasto.
Detto in altri termini: la rotondità del cameriere induce a esagerare in fatto di calorie, a non sentirci in colpa se mangiamo oltremisura e a non sentirci giudicati. Il 18% dei clienti serviti da camerieri sovrappeso consuma più alcolici, mentre la scelta di ordinare il dessert è quattro volte più frequente, sempre se l’IMC dell’inserviente è superiore a 25 (valore oltre il quale si parla di sovrappeso per l’uomo).
Ringraziamo Laura Mondino per l’intervista e per avere condiviso con noi le sue esperienze e conoscenze.
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