Copywriting: come trovare il nome giusto per un brand, azienda o prodotto

Ormai sappiamo tutti che il nome dell’azienda (brand naming) o del prodotto va scelto con attenzione, in quanto è in grado di influenzare l’atteggiamento dei consumatori e la memorizzazione del brand.

Ma come si fa nella pratica a fare del brand naming efficace?

Il marketing ci dà alcune indicazioni – il brand name dovrebbe rispettare valori, mission aziendale e posizionamento del prodotto – ma non ci insegna certo a scrivere.

Qualche consiglio in più ci viene dalle neuroscienze: sembrerebbe che più un nome è facile da ricordare, più funziona e sembra trasmettere valore (effetto fluency).

Ma alla fine, quello che ci serve veramente è il copywriting, con le sue tecniche ormai collaudate da decenni di esperienza. 

In questo articolo cercherò di descrivere i principali metodi e regole su come creare un brand naming efficace che seguono i creativi e le agenzie.

Cos’è il naming e perché è così importante

In gergo pubblicitario, usiamo la parola naming (in italiano, denominazione) per indicare l’attività di creare il nome per un brand o un prodotto.

Come abbiamo detto, si tratta di un’attività tutt’altro che semplice, in quanto condiziona l’identità che assumerà il prodotto, azienda o servizio che andiamo a denominare.

Nome e logo sono sotto questo aspetto molto simili: mentre il logo influenza l’identità lavorando sul linguaggio visivo, il nome imprime personalità all’azienda sotto il profilo del linguaggio verbale e scritto.

Ne consegue che avere una grande idea per un nome da sola non basta: la scelta del font e del logo dovranno essere coerenti col nome scelto e sono anch’esse da fare con grande cura e attenzione.

Le caratteristiche che deve avere un nome di un brand scelto bene

Quali sono le regole che è bene sapere e tenere a mente quando ci si dedica al naming?

Secondo i manuali, il nome di un brand deve essere:

  • memorabile: la prima funzione del nome è infatti quella di far ricordare l’azienda o il prodotto;
  • originale: il nome deve distinguersi da quello dei concorrenti
  • appropriato: il nome deve essere consono alla natura del prodotto e alla sua storia
  • assonante e breve: i nomi brevi si ricordano meglio, e l’uso di rime e sonorità interne facilita il processo di memorizzazione (effetto fluency);
  • con un tone of voice adeguato (serio, ironico, elegante, simpatico, severo, professionale…) al prodotto e coerente con il resto della comunicazione.

Il nome che scegliamo deve essere poi coerente con la descrizione e lo slogan (tagline) che scegliamo per il prodotto stesso.

Ricordiamoci che il nome non è qualcosa che sta da solo, ma andrebbe visto come parte di un flusso che attraversa tutta la comunicazione del prodotto.

Il copywriting nel naming

Partendo dalle indicazioni del paragrafo precedente, non è difficile capire come il linguaggio che usiamo nel creare un nome riveste particolare importanza.

Nel naming, il copywriter potrà far leva su metafore e richiami nascosti delle parole che si utilizzano, preferendo un linguaggio connotativo e creativo e che sappia risvegliare sia a livello sensoriale che concettuale i valori e le caratteristiche del brand o del prodotto.

Una tecnica utilizzata spesso dai creativi è quella della mappa concettuale, del resto comune al visual design.

Per crearla, cerchiamo di mettere assieme tutti i nomi, i verbi e gli aggettivi connessi in qualche modo al brand o al prodotto, al suo paese, al suo periodo storico o al suo ambiente di riferimento.

Creata la mappa, troviamo alcuni aggettivi per descrivere il prodotto, e poi testiamo contro questi aggettivi i nomi che ci vengono in mente. Verifichiamo se risuonano in armonia con questi aggettivi, oppure no.

Non mancano ovviamente i nomi descrittivi, che invece fanno leva sull’associazione semplice di una qualità del prodotto, come Coca-Cola, Palmolive, Ciocopiù, o addirittura ridotti a pure sigle (FIAT, IBM) costruite con le inziali della ditta.

Le tecniche più comuni per creare un brand naming

Vediamo alcune tecniche pratiche per forgiare nuovi nomi di brand o prodotti.

Mitologia: l’uso di nomi di divinità antiche è ancora molto frequente per dare un nome ai brand per via della loro forza evocativa. Nike (sport), Pandora (gioielli), Icaro (alianti) sono alcuni esempi di nomi mitologici.

Scienze e tecnologie: utilizzare parole prese dal vocabolario tecnico-scientifico veicola immediatamente valori come la serietà e l’affidabilità. Tra gli esempi celebri Microsoft (microprocessori software) e le mille società che si chiamano Tecnidata, NewLab, e via di seguito.

Linguaggio comune: lo slang è fonte inesauribile di ispirazione per un brand naming fresco, democratico, inclusivo e immediatamente comprensibile, adatto a prodotti o servizi pensati per tutti. Whatsapp riprende il colloquiale: “che succeede?”, mentre Apple ci tenta con l’allusione al frutto del desiderio più famoso del mondo.

Nome di pura fantasia: molti brand sono nomi del tutto inventati, ma del resto le neuroscienze ci insegnano che rime e nomi inaspettati restano memorizzati per un meccanismo neuronale legato all’ippocampo (hippocampus headlines). Tra gli esempi Spotify, Google.

Lavorare sui suoni: vocali e consonanti sono da sole capace di veicolare arcani significati e allegorie profonde, come ci insegna la fonosemantica. Le neuroscienze hanno inoltre dimostrato anche un collegamento tra musica, suono e sapore.

Indimenticabile il brand name Saiwa, attribuito a D’annunzio, che calza perfettamente con l’ononimo biscotto salato.

Combinare due nomi brevi: tecnica di naming molto seguita nel mondo anglosassone, ha dato il nome a brand famosi, come Facebook (face + book) e NetFlix (net + flix).

Onomatopea: Twitter richiama il cinguettio dell’uccellino che ne costituisce il logo, Tictac il rumore dei confetti nel pacchetto.

Inziali del nome dell’attività: Duco (Dupont Company), Texaco (Texas Company).

Dare nome al brand: alcuni errori comuni da evitare

Il copywriting ha individuato anche alcuni errori da non fare quando si fa naming. Vediamo i principali:

  • nomi che ricordano le qualità generiche: si possono applicare a troppi prodotti (esempi: Ideal, Super)
  • nomi geografici: possono essere difficili da proteggere a livello legale; idem per i nomi di animali;
  • nomi alla moda: dopo un certo periodo di tempo, non c’è moda che non passi di moda;
  • nomi troppo lunghi o difficili da pronunciare: oltre al problema della memorizzazione, c’è il problema del passaparola;
  • pensa anche al futuro: un nome che fa riferimento alla categoria merceologica potrebbe non andare più bene quando l’azienda cresce e comincia a vendere anche altri prodotti;
  • nomi che suscitano associazioni negative di pensieri o emozioni.

Una buona prassi è sempre quella di testare le idee che ci vengono in mente con un campione di consumatori per sondare e controllare le associazioni che un campione selezionato di persone fa con le nostre creazioni.

Naming e seo

L’avvento della rete ha influenzato il naming, introducendo la necessità di ottimizzare i brand name per gli algoritmi dei motori di ricerca.

Questo ha portato a inserire una parola chiave nel nome, soprattutto per le attività locali, nella formula nome categoria + nome del titolare. Abbiamo così le varie Macelleria Belloni, Pescheria Da Claudio, Termoidraulica Pedretti.

Il che, del resto, non è certo una novità. Questa formula era già ampiamente praticata dai vecchi tempi delle pagine gialle. Forse sono stati i motori di ricerca a adeguarsi a qualcosa che esisteva già, e non viceversa.

Trovare il nome per il brand: l’importante è sapere cosa si vuole

Ormai avrai capito che il naming è una dei compiti più difficili del lavoro di un copywriter e richiede sensibilità, esperienza e attenzione.

Ma al di là delle tecniche di copywriting, dare un nome al brand vuol dire decidere se puntare su qualcosa di didascalico e descrittivo (come il brand Coursera), ma anche un po’ noioso, o sull’innovazione e la trasgressione, dando più adrenalina al consumatore ma correndo anche qualche rischio in più.

In conclusione, gli approcci possono essere diversi, in base al risultato che si vuole ottenere, e tutti comunque validi. L’importante è avere le idee chiare, come per tutte le cose.

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Per approfondire:

A cura di Anna Zuccaro: “Copywriting tra arte e tecnica”, Flaccovio, Palermo, 2020

Brand naming, quali procedure seguire per giungere al giusto nome

Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

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