L’eye-tracker e l’oculometria sono destinati a uscire dai laboratori di ricerca per entrare e modificare profondamente i processi produttivi della old economy.
Gianluca Del Lago, CEO della società di ricerca SR Labs, ci racconta in questa intervista quella che sarà la prossima rivoluzione tecnologica in fabbrica, negli uffici e nella distribuzione.
Gianluca, l’eye-tracker sta entrando nei processi industriali?
Esattamente. Soprattutto nel settore medicale, l’eye-tracker si sta già rivelando una tecnologia chiave. Ma c’è oggi una nuova frontiera: la sua integrazione coi sistemi produttivi della old economy.
Questo consente non solo di rilevare e risolvere le problematiche delle interfacce, ma anche di mettere in grado l’operatore di dare comandi alle macchine semplicemente guardando un monitor e senza dover toccare fisicamente manopole e leve.
Spetterà all’eye-tracker incorporato nel monitor tracciare i movimenti oculari del lavoratore e trasformali in input di comando come già avviene in alcune strumentazioni per disabili.
Questo approccio si rivela particolarmente utile in ambienti di lavoro dove è scomodo operare per la necessità di indossare tute, scafandri e guantoni di protezione, come l’acciaio o la chimica.
Basta uno sguardo e tutto si compie, con notevole aumento dei tempi di produzione. Oppure nel caso di persone colpite da infortuni che hanno perso la mobilità delle braccia e che in questo modo tornano a lavorare.
Un’altra applicazione pratica è legata al trasferimento delle competenze. Nelle industrie ci sono i senior, dei grandi specialisti degli strumenti. Il trasferimento del loro know-how ai novizi non è però sempre facile.
Con l’eye-tracker, il procedimento diventa più semplice e oggettivo. Analizzando i movimenti oculari del lavoratore esperto mentre svolge un compito, si riesce a recuperare il suo know-how operativo e a trasformarlo linee guida, salvando asset aziendali rilevanti.
In tema di design e progettazione, il controllo oculare viene applicato da circa un decennio anche ai cicli di produzione industriale per rilevare i carichi cognitivi e ottimizzare le procedure e le interfacce di comando, migliorando la produttività dei lavoratori coinvolti.
Ma si può andare ancora più avanti. Le possibilità sono trasversali, riguardano tutte le industrie, dal medicale alle petrolifere. Non si limitano solo ai processi industriali, ma abbracciano qualsiasi settore di attività, compresi i servizi e la distribuzione.
Non c’è il rischio che gli operai possano vivere il fatto di essere osservati come un furto della loro professionalità e reagire negativamente?
Quello che dici è sicuramente un ostacolo, ma il punto di vista va cambiato. Bisogna considerare i vantaggi per gli operatori, che sono notevoli, soprattutto in termini di sicurezza.
Ad esempio, anni fa abbiamo parlato con le ferrovie dello stato per il problema dell’uomo morto, nient’altro che un pedale che il guidatore di un treno schiaccia a determinati intervalli di tempo per segnalare che tutto va bene.
Noi abbiamo proposto in alternativa al pedale un sistema di tracciamento oculare delle condizioni del guidatore e alla fine erano tutti soddisfatti perché avevano compreso le implicazioni per la sicurezza della soluzione da noi proposta.
Per capire la differenza tra le due opzioni, considera che col pedale il guidatore non è assolutamente sicuro (basta che abbia un malore prima di riuscire a premerlo) mentre con l’eye-tracker l’allarme e il soccorso è immediato anche se ha un infarto e non riesce più a muoversi.
Venendo al trasferimento di know-how operativo, la mia esperienza personale è stata vedere di quanto i senior siano entusiasti di venire coinvolti in un programma in cui viene valorizzata la loro professionalità e partecipazione alla vita dell’azienda.
Per me è solo un problema di comunicazione. Basta presentare queste nuove tecnologie per quello che sono, uno strumento di miglioramento della vita di chi lavora e di maggiore integrazione.
Non è che con l’applicazione dell’eye-tracker all’automazione e all’intelligenza artificiale si va alla definitiva espulsione dei lavoratori umani dalle aziende?
Proprio la mia esperienza di innovazione e automazione dei processi industriali mi ha portato a escludere questo rischio. In ogni caso, i macchinari vanno controllati, per cui più che una eliminazione dei lavoratori si va a una ridefinizione ed evoluzione delle mansioni tradizionali.
La mia conclusione è che l’eye-tracker in fabbrica non porta necessariamente a dei licenziamenti, ma alla necessità di aggiornare le professionalità esistenti e introdurne di nuove.
Anzi, si potrebbe avere invece un aumento della occupazione legata alla nascita di nuove occasioni professionali.
Certo, ci deve essere poi una capacità del sistema paese di investire in formazione e accompagnare i processi innovativi in atto con adeguate politiche industriali.
Qual è la capacità dell’Italia di effettuare questo aggiornamento rispetto a sistemi paese come la Cina, la Germania, gli Stati Uniti?
Noi abbiamo il vantaggio di avere reali talenti nel nostro paese che sono in grado di sviluppare e portare avanti tecnologie come queste e molte altre e di essere apprezzati all’estero soprattutto a livello industriale. Purtroppo, la capacità delle aziende private non va al passo col sistema paese, che in questo momento è carente di investimenti, di una visione del futuro e di politiche adeguate di innovazione.
In conclusione, abbiamo gli strumenti e i professionisti, ma difettiamo della capacità di fare sistema. Da noi le ricerche universitarie sono purtroppo troppo spesso fine a sé stesse e poco rivolte alla pratica e al mondo delle aziende. Insomma, stiamo facendo poco, troppo poco.
L’alternativa è triste: siamo tra quelli che potrebbero inventare le tecnologie del futuro, e non parlo solo di eye tracking, per poi magari doverle vendere e cederle agli stranieri o cosa più probabile trasferirsi all’estero per avere la reale possibilità di sviluppare i propri progetti, con una immensa perdita per il paese Italia.
Queste tecnologie hanno senso in un paesaggio italiano di piccole e medie aziende e non di multinazionali, per lo più orientate a settori molto tradizionali come il food e la fashion?
L’innovazione portata dalla tecnologia eye tracking è trasversale, riguarda cioè tutti i settori. In particolare, per la moda, la pubblicità e il mondo retail diventa possibile correggere le campagne di marketing in corso e guadagnare più soldi.
L’eye-tracker può essere di grande utilità anche per i piccoli, riducendo costi come quelli legati al trasferimento di tecnologie tra generazioni diverse di lavoratori e risparmiando sui corsi di formazione e di sicurezza.
Considera che il problema per tutti oggi non è sempre aumentare il fatturato – i mercati sono troppo competitivi – ma ridurre i costi. L’eye-tracking va in questa direzione: aumenta l’efficienza e riduce i rischi.
Veniamo alla sicurezza in azienda. L’eye-tracker sembra essere un alleato potente, di cui forse non si può fare a meno.
Esattamente, infatti la sicurezza è una delle sue applicazioni principali. Senza eye-tracker rischieresti di eseguire compiti molto rischiosi con possibili danni irreparabili come ad esempio nella chirurgia robotica. Avere un sistema di eye tracking che verifica la tua capacità attentiva mentre stai operando utilizzando 3 o 4 bracci robotici è di vitale importanza.
Anche i sindacati stessi ne capiscono e ne validano l’utilità che è principalmente la tutela del lavoratore dal punto di vista della sua sicurezza e della migliore esperienza lavorativa dell’operatore stesso. A volte l’utilità è così evidente che non c’è neanche bisogno di dirlo.
L’INAIL e le istituzioni di tutela del lavoro che reazioni hanno avuto?
L’Inail è stato all’avanguardia, il primo ente, già molti anni fa, a percepire l’utilità di questi strumenti nella fase di incidente. Ha agito immediatamente e senza essere chiamato, richiedendone la prescrizione a chi ne avesse bisogno dopo un infortunio.
Quello che ancora manca è il passaggio all’integrazione preventiva per evitare i sinistri sul posto del lavoro, su cui si sta comunque lavorando. Sento comunque una grande sensibilità da parte di tutti gli attori.
L’eye-tracker apre la strada a nuove tecnologie?
Probabilmente sì, soprattutto se la colleghi ad altre apparecchiature, anche se ora è un po’ difficile capire come avverrà. Per ora diciamo che semplicemente migliora quello che stiamo già facendo e ci permette di raccogliere una notevole mole di dati che potrebbero essere usati per creare nuovi metodi e ambienti di lavoro.
Un caso concreto di applicazione dell’eye-tracker al ciclo produttivo?
Milestone è un laboratorio di patologia dove i medici e gli operatori esaminano campioni di organi per rilevare danni e fare diagnostica. Gli operatori lavorano in ambienti sterili con guantoni e numerose precauzioni che ne impacciano i movimenti.
Lavorando con l’eye-tracker abbiamo studiato la loro esperienza utente e migliorato le loro condizioni.
L’inserimento di un monitor dotato di eye-tracker consente adesso ai tecnici di dare comandi agli strumenti semplicemente con uno sguardo allo schermo, senza doversi togliere ogni volta tute, guantoni e scafandro per premere un pulsante.
Il successo è stato notevole, ora i prodotti vanno in tutto il mondo. La produttività è aumentata, come anche il comfort degli operatori.
Un’idea dei budget coinvolti per attivare queste tecnologie?
Il prezzo di un test con l’eye-tracker per una consulenza varia da poche migliaia di euro a qualche decina. Il costo dell’integrazione nel ciclo produttivo dipende dalla quantità di pezzi prodotti, se sono centinaia scende parecchio.
Il convert rate dell’investimento è facile da calcolare, perché si parte dalla riduzione degli errori dell’operatore e dalla riduzione dei tempi. Dipende ovviamente dal settore e dai singoli casi. Comunque, i vantaggi e i risparmi legati all’impiego di questa tecnologia possono essere notevoli.
Ringraziamo Gianluca per l’intervista e la condivisione delle sue esperienze.
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