Secondo Darwin, le emozioni innate – come paura, rabbia, tristezza, disgusto, sorpresa, gioia, – sono reazioni universali, istintive e biologicamente innate che ci hanno permesso di sopravvivere e prosperare nel corso dell’evoluzione e che vengono veicolate principalmente dalla mimica visiva e facciale.
In comunicazione, le emozioni innate sono estremamente importanti per il loro potere attivante a livello comportamentale. Se riuscite a spaventare qualcuno, egli probabilmente compirà delle azioni per difendersi dal pericolo supposto o reale che gli avete messo in testa.
Detto in parole povere, le emozioni sono da sempre una grande leva persuasiva o manipolatoria che dir si voglia per ottenere dalle persone dei comportamenti determinati.
Le emozioni innate nelle neuroscienze contemporanee
L’ipotesi di Darwin è stata oggetto di numerose ricerche e sviluppi. Gli psicologi James e Lange sostennero che le emozioni vengono sperimentate prima nel corpo e poi decodificate e interpretate dal cervello.
Negli anni ’30 del secolo scorso Cannon e Bard avanzarono invece una teoria opposta: le emozioni sarebbero generate dall’attivazione centrale di alcune aree del cervello.
Oggi sappiamo che in effetti è proprio così: nel caso della paura, lo stimolo esterno attiva tutta una serie di strutture cerebrali note come circuito della paura (tra cui, ma non solo, l’amigdala e l’ippocampo). Queste strutture bypassano la neocorteccia e attivano il corpo. Questo spiega perché quando a livello cosciente pensiamo: “aiuto, che paura”, il corpo è già pronto e la reazione di fuga o di difesa è già avviata.
Il neuroscienziato Jaak Panksepp, oltre a coniare il termine: Neuroscienze affettive, ampliò le posizioni di Darwin in una vera e propria teoria.
Muovendo dai lavori del McLean, che aveva teorizzato l’importanza del sistema limbico, e di Hughlings Jackson, che aveva intuito come le strutture cerebrali più antiche che compongono questo sistema fossero soggette a pochi adattamenti, Panskepp teorizzò sette sistemi emotivi di base: ricerca (attesa), paura (ansia), collera (rabbia), desiderio sessuale (eccitazione sessuale), cura(accudimento), sofferenza (tristezza) e gioco (gioia sociale).
Un altro studioso celebre che si è occupato di emozioni è Paul Ekman. Il suo monumentale lavoro di codifica delle espressioni facciali in tutte le culture del mondo tendeva esattamente a dimostrare la loro natura innata, secondo quanto aveva teorizzato Darwin.
Recentemente, la neuroscienziata Lisa Feldmann Barret ha tuttavia contestato sia gli studi di Ekman che l’idea di una origine innata o genetica delle emozioni, che sarebbero invece costruite dall’interazione complessa di molteplici aree cerebrali e su cui inciderebbero anche aspetti individuali e culturali (teoria costruttivista delle emozioni).
Paul Ekman ha risposto alle critiche della Barret ribadendo le sue posizioni. Ad oggi, in sintesi, non esiste ancora un accordo completo sulla materia, anche se alcuni punti fermi – ad esempio il ruolo dell’amigdala e dell’ippocampo e di altre strutture cerebrali – sembrano ormai acquisiti, come è accertato il potere di attivazione delle emozioni di base come la paura. Ai fini della comunicazione, dunque, poco o nulla cambia.
L’uso delle singole emozioni innate in comunicazione
Paura
La paura è un’emozione primordiale, un sistema di allarme interno che si attiva di fronte a una minaccia percepita. L’amigdala, una piccola struttura a forma di mandorla nel cervello, gioca un ruolo cruciale nell’elaborazione della paura, innescando una cascata di risposte fisiologiche che ci preparano alla “lotta o fuga”.
Si tratta in sintesi di una emozione estremamente attivante, che a livello manipolatorio ha anche il gran pregio di inibire le aree corticali che regolano l’empatia. In sintesi, se sapete utilizzare bene la paura non sarà difficile ottenere la fuga o la lotta contro il supposto nemico o l’alimentazione o radicamento di sentimenti di odio verso di lui.
La paura si presta particolarmente bene alle manipolazioni nel campo politico. Instillare nel popolo paura contro un nemico vero o presunto è spesso un bel modo per spingerlo ad accettare misure gravose e grandi sacrifici come guerre e riarmo, oppure limitazioni alle sue libertà.
In comunicazione commerciale, la paura è spesso utilizzata nel settore assicurativo per motivi ovvi, oppure nella pubblicità progresso per contrastare abitudini nocive per la salute come il fumo di sigaretta.
Rabbia
La rabbia emerge quando ci sentiamo minacciati, frustrati o violati. È una emozione fortemente attivante che ci spinge a difendere i nostri confini e a lottare per ciò che è giusto.
Sempre il campo politico offre grandi esempi di come la rabbia possa essere una risorsa chiave: aizzare il popolo contro qualcuno non solo lo distrare dai problemi veramente importanti e ne consente di sfogare le frustrazioni in modo innocuo per il potere, ma ne cementa l’unione, il senso di identità e il consenso verso chi lo governa.
Poco controllabile, la rabbia è meno usata della paura in comunicazione. Oltre ai gruppi politici che cercano di sfruttare la rabbia contro le ingiustizie per sostenere campagne etiche o supposte etiche o loro stessi, la rabbia viene a volte utilizzata anche nelle campagne etiche per i bisognosi o per la tutela ambientale. Un esempio in campo commerciale è la famosa campagna di Nike con Colin Kaepernick del 2018.
Tristezza
La tristezza ci avvolge quando sperimentiamo una perdita, una delusione o un senso di isolamento. È un’emozione che ci invita a ritirarci, a riflettere e a cercare conforto nelle connessioni umane. La serotonina e la dopamina, neurotrasmettitori del benessere, sono coinvolte nella modulazione della tristezza.
Il problema della tristezza è che, al contrario della paura e della rabbia, è un’emozione poco o per nulla attivante. Tuttavia, nel contesto di campagne sociali o umanitarie è una emozione che può attivare compassione e altruismo, favorendo donazioni e contributi.
Nello storytelling, questa emozione può creare un coinvolgimento profondo e un forte legame con un protagonista particolarmente sfortunato. Inoltre, rende le narrazioni più umane e realistiche.
Disgusto
Il disgusto è un’emozione che ci allontana da ciò che è potenzialmente tossico o pericoloso per la nostra salute. L’insula, una regione della corteccia cerebrale, è particolarmente sensibile agli stimoli disgustosi, innescando risposte di repulsione e nausea. Anch’essa è un’emozione fortemente attivante, che cioè spinge all’azione.
In comunicazione, suscitare disgusto contro un nemico, un problema o determinati atteggiamenti è da sempre un’arma di eccellenza per la politica.
Il disgusto è un’emozione poco utilizzata perché assai rischiosa in comunicazione commerciale. Più frequente in campo etico: un esempio ne sono alcune campagne contro il maltrattamento degli animali.
Sorpresa
La sorpresa è un’emozione che si manifesta di fronte a eventi inaspettati, aumentando la nostra attenzione e vigilanza. Il sistema reticolare attivatore ascendente, una rete di neuroni nel tronco encefalico, è responsabile di questa risposta, preparandoci a reagire rapidamente. La sorpresa ha il grande potere di svegliare la nostra attenzione.
La sorpresa è la regina della comunicazione commerciale e no: qualsiasi messaggio ne deve per forza fare uso, a pena di non essere notato. È tutta la pubblicità non è forse un grande tentativo di sorprendere il pubblico con trucchi, trovate ed effetti speciali non solo per averne l’attenzione, ma anche per rendere il messaggio più memorabile?
Istinto di sopravvivenza
L’istinto di sopravvivenza è un insieme di risposte che ci spingono a soddisfare i nostri bisogni primari: cibo, acqua, riparo e sicurezza. L’ipotalamo, un centro di controllo nel cervello, regola questi istinti, assicurando la nostra sopravvivenza. E in effetti non c’è niente di più attivante di quel languore che si chiama fame che ci spinge, inesorabile, verso il frigo.
Anche le risposte che sono alla base dell’istinto di sopravvivenza sono utilizzate massicciamente per spingere le persone ad acquistare questo o quel prodotto. Pensate alle reclame delle catene di fast food, e, più in generale, del settore alimentare.
Istinto riproduttivo
L’istinto riproduttivo ci spinge a cercare un partner, ad accoppiarci e a prenderci cura della nostra prole. Gli ormoni e i circuiti neurali che coinvolgono l’ipotalamo e il sistema limbico sono responsabili di questo istinto fondamentale.
L’uso del nudo e della pornografia è ben conosciuto in ambito commerciale. Vi ricordate: “Roberta, lo slip dei vent’anni”, con le curve sinuose e perfette di Michelle Hunziker?
Gioia
A livello neurofisiologico, la gioia è associata a un aumento dell’attività in diverse aree del cervello, tra cui la corteccia prefrontale, il sistema limbico e il nucleo accumbens. Questi circuiti neurali sono coinvolti nel rilascio di neurotrasmettitori come la dopamina e la serotonina, che inducono sensazioni di piacere e benessere.
Tuttavia, rispetto ad altre emozioni come la paura o la rabbia, la gioia ha un potere attivante relativamente basso. Questo significa che, sebbene possa motivare comportamenti positivi e rafforzare legami sociali, non innesca una risposta fisiologica intensa come la reazione di “lotta o fuga”. La gioia è più spesso associata a uno stato di calma e soddisfazione, piuttosto che a un’attivazione fisica intensa.
Nella comunicazione, la gioia viene utilizzata per creare associazioni positive con prodotti, marchi o idee. Le pubblicità spesso mostrano persone che sorridono, ridono o si divertono, per trasmettere un senso di felicità e benessere.
Questo tipo di comunicazione è particolarmente efficace per prodotti e servizi che promettono piacere, divertimento o relax. Ad esempio, le pubblicità di viaggi mostrano spesso immagini di persone che si godono una vacanza in un luogo esotico, mentre le pubblicità di cibi e bevande mostrano persone che assaporano un pasto delizioso.
Inoltre, la gioia viene spesso utilizzata nella comunicazione sociale e politica per promuovere un senso di ottimismo e speranza. I leader politici possono utilizzare discorsi e immagini che evocano gioia per ispirare il pubblico e rafforzare il sostegno.
Conclusioni
Conoscere le emozioni innate è fondamentale per ogni buon comunicatore per la profondità e forza delle reazioni che esse creano. Le neuroscienze affettive possono aprirci su dio esse nuovi spiragli e prospettive, e dovrebbero dunque essere un bagaglio comune a chiunque si occupi del settore.
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