La dopamina eccita, ma non fa vendere, e il dopamina marketing risulta più dannoso che utile. In questa intervista Laura Pirotta, psicologa specializzata in neuroscienze e autrice del libro: “Strategie e tattiche di neuromarketing”, ci spiega quali sono i reali meccanismi neurofisiologici delle decisioni di acquisto.
Laura, molti credono che la dopamina faccia vendere. E invece…
E invece le molecole decisive sono altre. Il senso di felice appagamento per un acquisto ben fatto riguarda più le endorfine e la serotonina. E quando compriamo un brand etico e ci sentiamo buoni per il bel gesto appena compiuto, entra in gioco quella che viene chiamata la molecola dell’amore, l’ossitocina.
Che ruolo resta alla dopamina (e al dopamina marketing)?
La dopamina si attiva quando le persone sono in stato di eccitazione e da una sensazione di benessere: è un po’ il sale della vita. Si scatena nel cibo, nel sesso, nel gioco d’azzardo e nell’uso di stupefacenti. Vivere senza questa sostanza sarebbe noiosissimo.
Purtroppo però la dopamina funziona in modo simile all’eroina: crea assuefazione , e quindi il cervello comincia a richiedere stimoli eccitatori (ossia esperienze) sempre più forti col rischio di una sensazione continua di insoddisfazione e lo sviluppo di forme di dipendenza.
Il dopamina marketing funziona quindi come la droga?
L’idea è in effetti quella di drogare il cliente e renderlo dipendente dal prodotto alterando i suoi processi decisionali di acquisto in modo da consumarne quantità sempre maggiori.
Un esempio ce l’hai nei videogiochi: si parte con una difficoltà facile da superare per raggiungere velocemente la prima vittoria (e la prima dose di dopamina), per poi aumentare via via la difficoltà e i soldi che il giocatore spende. Il giocatore però non è mai soddisfatto, ne vuole sempre di più, diventa dipendente dal gioco.
Allora non è la dopamina la molecola della felicità
La sensazione di piacere per avere raggiunto qualcosa di appagante è legata alle endorfine, che non hanno necessariamente bisogno dell’eccitazione indotta dalla dopamina per funzionare. Pensa a tutte le persone che cercano il benessere tramite le pratiche olistiche o la meditazione.
Un’altra molecola fondamentale è la serotonina, la sostanza del buon umore, che però, a differenza delle endorfine, non è legata all’appagamento e si usa per combattere la depressione.
L’ossitocina, infine, viene rilasciata in grandi quantità durante il parto e l’allattamento. Gioca un ruolo importante nei rapporti sociali, facendoci stare bene assieme alle persone che ci piacciono o felici e appagati per aver compiuto una buona azione. L’ossitocina è stimolata anche dalla vista dei bambini e dai cuccioli.
Perché il dopamina marketing è rischioso per le aziende?
Far leva sulla dopamina vuol dire attivare solamente il cervello rettile, quello più istintivo e che vuole la soddisfazione immediata. E’ una strategia rischiosa perché porta a vendite one shot, ossia occasionali. Invece, l’interesse dei brand oggi è mantenere e fidelizzare i clienti creando una relazione di lunga durata. Ma questo vuol dire sviluppare la relazione e il loro amore verso il brand.
Col dopamina marketing mi freghi se va bene la prima volta, ma poi non torno più da te e anzi, diventa reale il rischio che ti distruggo la reputazione con commenti negativi, soprattutto ora che il digitale ha reso ogni tipo di azienda particolarmente vulnerabile a quello che la gente dice online.
Considera anche che è facilissimo perdere i clienti se i tuoi concorrenti cominciano a distribuire prodotti o a fare campagne a maggior attivazione dopaminergica di ciò che offriamo noi. E’ come per gli stupefacenti, esiste il rischio che il cliente ci abbandoni per un altro spacciatore che ha una nuova sostanza più eccitante della nostra.
Qual è invece una strategia smart di neuromarketing?
Lavorare su tutti i fattori (e le molecole) di una decisione di acquisto evitando la ricerca di comode scorciatoie che alla lunga deludono sia l’azienda che il cliente.
La mia formula è quella delle 3 f, ossia: fiducia, fedeltà, felicità. Se compro qualcosa che mi appaga veramente sono felice per avere trovato qualcuno che soddisfa i miei bisogni, ritorno e sviluppo un sentimento di fiducia, attaccamento e fedeltà.
In conclusione, non bisogna parlare solamente al cervello rettile, ma anche a quello affettivo e razionale. Il vero trucco oggi è creare delle relazioni durevoli, non vendere e scappare. E ogni relazione non vive sulla semplice eccitazione ma sulla fiducia.
Quali sono i sentimenti e i bisogni su cui far leva oggi?
L’uomo non ha solamente il bisogno animale di un appagamento immediato; siamo esseri sociali, bisogni come la sicurezza, la protezione, l’amore sono più forti di quanto crediamo. Le strategie di marketing devono quindi abbracciare il cliente nella sua totalità.
Tieni però conto che ogni prodotto ha le sue specificità: esistono casi in cui far maggior leva sulla dopamina e l’eccitazione può avere senso, senza però arrivare agli eccessi del dopamina marketing. Un videogioco senza questa sostanza è impensabile.
Altri settori dove la dopamina non può essere trascurata sono il cibo e il vino, vedi il caso Coca Cola. Invece, nei prodotti per le nuove mamme non punterei sulla dopamina, come neanche per i servizi di benessere e relax, in cui giocano fattori diversi dall’eccitazione.
Poi non dimenticarti che ogni cervello è diverso dall’altro, non siamo tutti uguali. Alcune persone sono più sensibili di altre alla dopamina. Insomma, bisogna ragionare caso per caso e tenendo conto che i fattori alla base di una decisione di acquisto sono complessi e non sono solo neurobiologici, ma anche cognitivi e culturali.
Una molecola non fa decisione, il cervello umano è molto più complesso di quello che si crede e per fortuna non siamo così facilmente controllabili come vorrebbe il dopamina marketing. Sedurre e abbandonare potrà farti fare cassa a breve, ma ti crei un nemico. E nel medio e lungo termine ci perdi.
Ringraziamo Laura per l’intervista. Per chi vuole approfondire, rinviamo al suo canale YouTube dedicato al neuromarketing.
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