Il neuromarketing sfrutta spesso il contagio emotivo, sia nelle campagne pubblicitarie classiche che in quelle online.
I social network, con la loro capacità di raggiungere istantaneamente milioni di persone, possono amplificarne l’effetto, rendendone l’utilizzo potenzialmente esplosivo tramite il meccanismo della viralizzazione.
Per questo motivo alcuni esperti di media cominciano ora a parlare di emotion-bait,”esca emotiva”.
L’esperimento di Facebook sul contagio emotivo
Nel giugno 2014, due accademici e un esperto di Facebook sottoposero oltre 600.000 utenti del popolare social a un esperimento per dimostrare che il contagio emotivo si verifica senza bisogno di contatto diretto tra le persone.
Tramite la timeline, un gruppo di lettori fu sottoposto a quantità crescenti di espressioni negative, un altro di espressioni positive.
Il risultato fu che il primo gruppo cominciò a aumentare il numero di post veicolanti emozioni negative (rabbia, depressioni), il secondo quelli con emozioni positive (amore, gioia).
… e su Twitter e Weibo
Esperimenti simili furono fatti in seguito con Twitter (Ferrara, Yang, 2015), arrivando a risultati analoghi.
Era così dimostrato che il contagio emotivo si può tranquillamente diffondere sui social e sul web, e non soltanto tramite i media tradizionali come la TV, la musica, la fotografia o il cinema. La differenza sta nella potenza dell’effetto.
Un esperimento condotto in Cina sulla popolare piattaforma Weibo nel 2010 ha dimostrato che la rabbia è l’emozione che si propaga più rapidamente, mentre la gioia è il sentimento più condiviso coi propri intimi e gli amici.
Il neuromarketing si impadronisce del contagio emotivo
Questi esperimenti hanno definitivamente aperto la strada all’applicazione da parte dei grandi brand del contagio emotivo al neuromarketing per influenzare le scelte e i processi decisionali dei consumatori.
Gli esempi vanno dal banner Android “Friends furever” del 2015 (il più condiviso dell’anno) all’originale campagna della società di consulenza Collective Next su Pinterest che fa leva sulla collaborazione.
La scoperta della possibilità di sfruttare le emozioni ha segnato l’inizio di un nuovo trend in pubblicità: negli anni ’90 e primi anni 2000, gli annunci pubblicitari facevano infatti leva più sull’umorismo e il sarcasmo che sugli aspetti emozionali. Oggi la situazione è completamente cambiata.
Si possono utilizzare anche empatia, ansia e paura
Il contagio emotivo non viene tuttavia realizzato solamente tramite le emozioni positive (tipicamente, la felicità): il neuromarketing utilizza anche emozioni come empatia, ansia, paura e disgusto .
Procter & Gamble, per esempio, ha usato ripetutamente immagini di persone che si fanno male e bambini che cadono nei commercial per i giochi di Sochi del 2014 e la sua campagna di sostegno alle mamme.
MetLife di Hong Kong ha creato un annuncio strappalacrime descrive tutto quello che gli piace del papà, per poi improvvisamente dire che il papà le mente in continuazione.
Il WWF ha utilizzato come pubblicità per richiamare l’attenzione sul cambiamento climatico una foto di un umano con testa di pesce.
Ma attenzione ai sentimenti negativi!
L’utilizzo dei sentimenti negativi può tuttavia essere rischiosa. Nel 2015, Nationwide lanciò un annuncio per promuovere la sicurezza domestica in cui un bambino racconta tutto quello che avrebbe potuto fare se non fosse morto in un incidente.
Molti utenti si lamentarono e il CMO dell’organizzazione si dimise il mese dopo.
In questo annuncio che è stato considerato uno dei più belli del 2015, si fa invece evidente uso del fattore sorpresa:
L’uso del contagio emotivo nei punti vendita e nella pubblicità tradizionale
In un esperimento ormai celebre, i clienti di un negozio furono sottoposti alternativamente a musica francese e tedesca. Il risultato fu che le vendite di vino francese aumentarono sensibilmente quando era suonata la musica francese.
Anche in questo caso si ha contagio emotivo: l’emozione risvegliata dalla musica viene trasmessa a un prodotto specifico.
Il contagio emotivo è stato dimostrato anche tra fotografie e prodotti: nell’esperimento, i clienti vennero esposti alla foto di un modello sorridente e mostrarono una correlazione tra l’emozione positiva trasmessa dalla foto e la valutazione positiva che davano a un prodotto.
Per questo motivo i brand cercano di tenere alla larga i loro prodotti da qualsiasi fonte di emozioni negative e stanno attenti a come vengono collocati in un supermercato.
I rischi dell’applicazione del contagio emotivo al neuromarketing
Dopo i primi timidi tentativi in laboratorio degli anni’90 e 2000, gli esperimenti sull’applicazione del contagio emotivo al neuromarketing sono aumentati a dismisura negli ultimi anni, assieme alle preoccupazioni etiche e ai rischi.
Soprattutto sui social, il contagio emotivo può avere conseguenze difficilmente prevedibili per il numero di persone coinvolte e la necessità di effettuare manipolazioni di massa, anche solamente a fini sperimentali.
Lo strano caso della pubblicità su Facebook
Comunque, questo non sembra riguardare le pubblicità su Facebook. In uno studio dell’università di pubblicità della Florida del 2015, sembrerebbe proprio il contrario: la maggioranza del campione intervistato rispose di trovare noiosi ads e banner.
Il motivo di questo risultato così deludente parrebbe legata alla natura di spazio “privato” della propria presenza sul social, in cui la pubblicità è considerata semplicemente un’intrusione.
Di conseguenza, attenzione ai facili entusiasmi: la via dell’applicazione del contagio emotivo al neuromarketing è tutta in salita. Soprattutto nel digitale.
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Per chi desidera approfondire:
L’ articolo sull’ esperimento di Facebook sul contagio emotivo del 2014