Cade la teoria del cervello trino di Paul Maclean

La teoria del cervello trino di Maclean, che ancora esercita grande fascino su pubblicitari ed esperti di neuro marketing, non vale più.

La scoperta che la neocorteccia – la sede del cervello neo mammaliano, dove risiederebbero la coscienza e i pensieri superiori – esiste in qualche misura anche nelle specie meno evolute come gli insetti, le toglierebbe infatti qualsiasi credito.

La notizia è stata riportata da un articolo di Peter Farley sul superamento della teoria del cervello trino pubblicato dalla rivista scientifica dell’università di Yale nel 2008.

Le implicazioni sono notevoli. Cervello emotivo e razionale non sarebbero più separati e ordinati gerarchicamente, ma collegati in un nesso circolare dove si influenzano reciprocamente su modelli di interazione non lineare, come nella proposta del modello dello delle gerarchie nidificate, di Jaak Panksepp.

Altri modelli sono stati sviluppati dal neuro scienziato Antonio Damasio, che ha studiato a lungo le mappe sensoriali di rappresentazione del corpo. Damasio rifiuta una separazione emozione-ragione, sostenendo anzi che le emozioni giocano un ruolo primario nella formazione del senso del mondo e nelle nostre decisioni.

Anche nel modello di Gerald Edelman, a cui si ispirano oggi molti neuroscianziati, il cervello viene presentato come un tutto integrato; più esattamente, Edelman parla di complesso talamo-corticale, quasi a sottolineare la natura unitaria dell’esperienza mentale.

Nel 2015 è stato presentato un modello della mente radicalmente nuovo da Kossylin e Miller, detto delle modalità cognitive, che contesta anche la tradizionale ripartizione di funzioni tra emisfero destro e sinistro.

Nel 2013, infine, uno studio dell’Università di Genova ha dimostrato l’esistenza di un apposito network cerebrale per il riconoscimento delle emozioni che coinvolgerebbe regioni encefaliche distanti, in particolare il retrosplenio e un’area della corteccia prefrontale.

Questa scoperta potrebbe segnare definitivamente il tramonto dell’idea di una mente e di un cervello articolato su tre distinti strati successivi (pulsionale, emozionale e razionale), sottolineando invece la natura unitaria e integrata dell’esperienza mentale.

Il cervello uno e trino

Secondo Maclean, il cervello si sarebbe evoluto gradualmente, aggiungendo a una struttura di base (il famoso cervello rettiliano, dominato dagli impulsi primari) un cervello paleo mammaliano (corrispondente al sistema limbico e deputato alle emozioni) e infine la neocorteccia.

I tre cervelli sarebbero strutturalmente differenti e in qualche misura indipendenti tra loro, con la possibilità di conflitti.

Vi sarebbe una prevalenza gerarchica del cervello neo mammaliano, capace di controllare gli altri due, e la necessità di una integrazione di tutti e tre i livelli nell’esperienza ordinaria della vita di tutti i giorni. Da qui il nome di cervello uno e trino dato alla teoria di Maclean.

Tuttavia, in alcuni casi le emozioni e gli impulsi primitivi annullerebbero il controllo esercitato dalla neocorteccia, che sarebbe quindi parziale.

Questo spiegherebbe certi comportamenti “irrazionali” o “incontrollati” che emergono in situazioni come quando reagiamo in maniera violenta e istintiva a una provocazione o ci abbandoniamo al classico acquisto d’impulso di cui pentirsi un minuto dopo.

Il fascino della teoria del cervello trino è indubbia e ne troviamo eco anche in comunicazione, ad esempio nella teoria dei modelli di acquisto di Vaughn (griglia FCB) e in molte applicazioni pratiche.

Il cervello rettiliano, le emozioni e la pubblicità

rappresentazione grafica della griglia FCB di Vaughn e dei suoi quattro quadranti
La griglia FCB di Vaughn

Cibo e sesso sono state considerate a lungo armi vincenti in qualsiasi campagna pubblicitaria. Mettere una bella ragazza (o un bel ragazzo) in abitino succinto accanto al prodotto sarà volgare, ma attira automaticamente l’attenzione.

Le réclame degli anni ’80 facevano spesso leva su seni, cosce e sederi. Quale miglior riprova dell’esistenza di un cervello rettiliano?

Un altro esempio dell’applicazione di questa teoria si ha nell’utilizzo del rispecchiamento della luce in rossetti, bottiglie, immagini patinate. Il luccichio della luce ricorderebbe infatti quello delle pozze di acqua da bere, indispensabili per la sopravvivenza dei nostri antenati.

Nella griglia di Vaughn, si prendono espressamente in considerazione l’aspetto emozionale e il coinvolgimento come fattori chiave per comprendere il comportamento d’acquisto, proponendo quattro modelli di acquisto diversi in base al prevalere di una componente razionale e di una emozionale.

In particolare, nei modelli di acquisto feel-learn-do (sento, imparo e faccio) e d’impulso (fare, sentire, conoscere) l’elevato investimento emotivo sul prodotto da parte del consumatore giustificherebbe una strategia che faccia leva su considerazioni che potremmo definire da cervello limbico (come ad esempio il bisogno di appartenenza, di approvazione, di status sociale, in una parola, di essere amati).

Un altro indice del successo della teoria del cervello trino è che essa è data per valida in alcuni articoli di neuromarketing ancora oggi, nonostante sia ormai stata abbandonata dalle neuroscienze.

Cambierà la pubblicità con l’abbandono della teoria del cervello trino?

Cambierà qualcosa nel mondo della comunicazione con l’abbandono del modello di Maclean? In effetti, da qualche anno si assiste al ritorno del classico modello AIDA, che ha il pregio di non essere particolarmente legato all’idea di un cervello rettiliano e paleo mammaliano in grado di bypassare i controlli della neocorteccia.

Questa rinascita dell’AIDA non sembra però causata da una confutazione della teoria del cervello trino, ma dalle specifiche caratteristiche della comunicazione digitale, come la possibilità di disporre facilmente e in tempi rapidi di un grande volume di contenuti, che la renderebbero particolarmente adatta a questo modello di marketing.

D’altro canto, il superamento del modello di Maclean non nega assolutamente la possibilità di sfruttare nel copywriting o nella comunicazione emozioni, paure inconsce e istinti primari: quello che cambia è infatti la spiegazione di questi meccanismi, non gli effetti comportamentali su cui il pubblicitario si aggancia.

In conclusione, anche se la teoria del cervello trino è ormai datata, le tecniche pubblicitarie sviluppate a livello empirico dalla comunicazione paiono abbastanza indipendenti dalla teoria per sopravvivere ad essa.

Più che altro, dovrebbe cessare una certa tendenza ad applicare queste tecniche in modo acritico, come se fossero basate su una formula inappellabile e sempre valida, convalidata da studi scientifici autorevoli e inoppugnabili.

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Per approfondire:

Un’analisi delle recenti scoperte delle neuroscienze e della loro applicazione al neuromarketing per influenzare i processi decisionali dei consumatori.

Un blog italiano di approfondimento sulle neuroscienze: http://nescaf.altervista.org/

Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

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