Saper scrivere: l’importanza degli aggettivi qualificativi nel copywriting

C’è chi ne abusa, c’è chi li trascura del tutto; eppure, l’utilizzo appropriato degli aggettivi qualificativi è spesso ciò che fa la differenza non solo in letteratura, ma anche nel copywriting.

Solamente tramite essi è infatti possibile richiamare le virtù di un prodotto, di una persona o di una situazione, o creare quelle associazioni mentali che sono indispensabili per orientare non solo la comprensione di un testo, ma anche la fruizione di un’intera esperienza.

Lo sanno molto bene i copywriter che si occupano di naming, l’arte di dare un nome a un prodotto, un’azienda o un servizio.

In un esperimento condotto nel 2005 (Wanskin), si scoprì che scrivere in un menù: “filetto di pesce italiano succulento” era sufficiente per far percepire il piatto più saporito rispetto al più semplice: “filetto di pesce”.

Nel 1993, Meiselman e Bell dimostrarono che aggiungendo dei termini italiani al nome era sufficiente a far percepire come più esotico e gustoso un piatto, anche se gli ingredienti e la preparazione erano gli stessi.

Altri esempi provenienti dalla ricerca confermano quello che i pubblicitari sanno da sempre.

Saper usare bene un aggettivo qualificativo è il modo più rapido per creare quelle associazioni in genere automatiche che influenzano il lettore e lo predispongono favorevolmente verso il prodotto o il servizio prima ancora che gli sia semplicemente venuta in mente l’idea dell’acquisto.

Cos’è un aggettivo qualificativo?

Domanda apparentemente banale, ma che non lo è, soprattutto a giudicare dal discreto volume di ricerca su Google di questa chiave.

L’aggettivo qualificativo, come dice il nome, descrive le qualità di un oggetto, persona, situazione o concetto. Può connotarlo con una luce positiva (e allora il nostro oggetto sarà bello, buono, di qualità, e via di seguito) o negativa (e quindi avremo qualcosa di brutto, cattivo, non funzionale, etc.).

Ovviamente vi sono anche casi in cui la qualità attribuita dall’aggettivo è neutra, non ha cioè particolari coloriture. Per esempio, nella frase: “uno straniero entrò nel bar” l’aggettivo non è né positivo né negativo.

Il contesto può ovviamente influenzare la percezione dell’aggettivo qualificativo. Dire: “Arrivano i tedeschi” nel 1944 in un paese del lago di Garda crea sicuramente reazioni molto diverse che dirlo oggi all’inizio della stagione turistica.

Non tutti gli aggettivi qualificativi sono efficaci

I singoli aggettivi qualificativi possono essere più o meno evocativi, questo dipende sia dalla frequenza di utilizzo nella lingua che dalla particolare forza evocative dell’immagine ad essa associata.

Oggi, tutti i prodotti sono descritti come: “di qualità”, col risultato che questo aggettivo ha perso forza e anzi, suona un po’ sbiadito e scontato.

Nelle istruzioni fornite ai copywriter in numerosi brand manual si consiglia quindi di evitare questa espressione e sostituirla con qualcosa di più specifico e pregnante, che descriva meglio cosa si intende per qualità.

Un ristorante potrebbe quindi suonare più convincente se “stellato” o “premiato” invece che semplicemente “di qualità”.

Forse meglio ancora se le qualità sono descritte con immagini evocative, ad esempio: “dalle linee raffinate e sobrie”, “che allarga i confini della cucina Gourmet”, “un ambiente confortevole e intimo”.

Sugli aggettivi e più in generale il potere evocativo delle parole esistono ricerche interessanti, tra cui segnaliamo quella di Gallucci che portò tra l’altro alla scoperta della scarsa potenza emozionale dell’espressione: “di qualità”.

Nella sua ricerca, Gallucci ci fornisce un primo elenco di aggettivi che andrebbero utilizzati con maggior cognizione e meno leggerezza, dimostrando quanto certi automatismi nello scrivere possano essere fuorvianti o pericolosi.

Gli aggettivi sensoriali

Tra gli aggettivi qualificativi, gli aggettivi sensoriali meritano particolare menzione per il loro forte potere evocativo.

Quando diciamo ruvido, sconnesso, liscio, sodo, intenso, e via di seguito, non ci limitiamo a tirare i fili sottili delle associazioni mentali, ma attiviamo immediatamente le aree cerebrali legate alla percezione e al senso coinvolto.

Queste sono tra le più intense del cervello, motivo per cui questi aggettivi hanno non soltanto un alto potere esplicativo, ma sono dei veri e propri attivanti psichici capaci di convogliare nei lettori emozioni e sensazioni immediate.

L’esperto di neuromarketing Roger Dooley porta come esempio la differenza tra: “una brutta giornata” e “una giornata ruvida”. In italiano, possiamo osare qualcosa di ancora più potente, ad esempio: “una giornata come cartavetro”.

L’effetto comunque non cambia: la metafora sensoriale spicca nel discorso e coinvolge immediatamente, risultando più intensa di quella che non si aggancia direttamente ai sensi.

Raggiunge cioè gli scopi di attirare immediatamente l’attenzione e restare memorabile, che poi è spesso quello che vogliamo quando scriviamo.

A conferma di quanto appena scritto ricordiamo gli studi di Gonzales (2006) che hanno dimostrato come la presenza di un ingrediente nell’etichetta attiva immediatamente le zone cerebrali legate all’olfatto, ricordando aromi e odori.

Altre parole non hanno questo potere.

Gli aggettivi negativi

In comunicazione si consiglia di evitare aggettivi ed espressione negative, oltreché le negazioni, in quanto disporrebbero sfavorevolmente l’animo di chi legge.

Alcuni studi di neuroscienze sembrerebbero confermare questo assunto: le negazioni in particolare attiverebbero alcune aree specifiche del cervello che non hanno esattamente un effetto positivo se vogliamo fare della comunicazione persuasiva.

Più in generale, è sempre bene ricordare che quello scritto prima influenza in modo impercepibile ma potente quello che scriviamo dopo (priming linguistico, effetto primacy).

Un esempio banale ma purtroppo efficace è quando anteponiamo i difetti di una persona ai suoi pregi. Anche se non sembra, quest’ultimi saranno notati meno.

In conclusione, descrivere qualcuno come caldo, razionale e tranquillo suona comunque diverso da freddo, razionale e tranquillo.

L’influenza del contesto in cui l’aggettivo qualificativo si inserisce va quindi sempre tenuta presente quando scriviamo, in quanto in grado di modulare modo subdolo ma potente le qualità che vogliamo attribuire all’oggetto, positive o negative che siano.

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Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

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