La delegittimazione è quel tipo di strategia di comunicazione (verbale e non) che cerca di togliere credibilità, rispetto e potere a un avversario.
Dalla vita quotidiana alla lotta politica, gli esempi di delegittimazione sono infiniti. Si va dal classico e forse tutto sommato innocuo: “Sono le cretinate tipiche di mio figlio -mio marito – mia moglie” fino a dipingere qualcuno come un vero e proprio mostro criminale, fornendone ovviamente tutte le prove, e alla diffamazione, vero e proprio reato.
Come funziona la delegittimazione
Il meccanismo di base della delegittimazione è semplice: si fa rientrare il bersaglio nelle categorie del nemico, del male e del pericolo, oppure di ciò che è inferiore e dunque non degno di fede o autorità oppure ci ciò che è ridicolo, buffo e comunque privo di capacità degne di attenzione.
Nel primo caso si fa leva sulla paura, nel secondo e terzo caso sul sentimento del disprezzo e sull’ironia. L’effetto sarà rispettivamente la fuga o l’evitamento del supposto pericolo (il mostro) oppure il non credere o obbedire a quello che la persona oggetto dell’attacco dice.
I motivi per attuare queste strategie sono molteplici. Quello più importante resta legato alle dinamiche di potere: si delegittima qualcuno per non farlo comandare o avere influenza su di noi o sul gruppo sociale su cui noi a nostra volta vogliamo avere influenza, oppure, nei casi più gravi, per escludere un rivale dal contesto sociale demonizzandolo.
Le scoperte delle neuroscienze
Perché siamo così facilmente influenzati da queste tattiche? Le neuroscienze ci offrono una chiave di lettura per comprendere questo fenomeno. Quando delegittimiamo qualcuno, cioè quando lo priviamo della sua legittimità morale o intellettuale, il nostro cervello si attiva in modo molto particolare.
Le aree legate alle emozioni, come l’amigdala, entrano in gioco scatenando reazioni come rabbia, paura o disprezzo. È un po’ come se il nostro cervello ci dicesse: “Questo individuo è diverso da me, è pericoloso, non va ascoltato”, oppure: “è debole, incompetente, arrogante, non va seguito”. Si riduce inoltre l’empatia, ossia quella capacità tipicamente umana di mettersi nei panni nelle persone e nelle loro emozioni.
Ma la delegittimazione non è solo una questione di emozioni. È anche un potente strumento cognitivo. Quando etichettiamo una persona come “nemico”, tendiamo a semplificare la realtà e a creare una netta divisione tra “noi” e “loro”. Questo meccanismo, noto come bias intergruppo, ci porta a vedere gli altri come un gruppo omogeneo, con caratteristiche negative stereotipate.
Quando invece lo etichettiamo come inferiore o non degno di nota, segnaliamo al gruppo che la persona in questione non è in grado di dare un contributo valido.
Alcune ricerche hanno mostrato che nelle campagne di delegittimazione contro avversari politici si attiva la corteccia prefrontale dorsolaterale, che è coinvolta, tra l’altro, nelle nostre scelte di natura politica. Esiste in sostanza un legame tra delegittimazione, narrazione e manipolazione delle nostre opinioni.
I racconti emotivi e polarizzanti, infine, attivano maggiormente le aree sensoriali e associative, rendendo più efficace il messaggio delegittimante.
Perché la delegittimazione funziona così bene?
Tra i mille motivi per cui la delegittimazione è praticata costantemente da tutti al punto da poterla considerare una normale strategia di comunicazione ricordiamo:
- Difendiamo le nostre convinzioni: delegittimare gli altri ci permette di proteggere le nostre idee e i nostri valori, evitando di confrontarci con opinioni diverse.
- Ci sentiamo parte di un gruppo: quando attacchiamo un nemico comune, rafforziamo i legami con le persone che la pensano come noi.
- È più facile prendere decisioni: se consideriamo qualcuno come “cattivo”, diventa più semplice giustificare le nostre azioni nei suoi confronti.
- Riduciamo la dissonanza cognitiva: sminuire un avversario può giustificare i nostri comportamenti e scelte incoerenti con i nostri valori.
- Proiezione: la delegittimazione in certi casi è la proiezione sull’altra persona di alcune nostre caratteristiche che non riusciamo ad accettare.
Le conseguenze della delegittimazione
La delegittimazione comporta conseguenze che possono essere gravi su chi la subisce: oltre alla perdita di autostima, aumentano gli ormoni legati allo stress come il cortisolo, con conseguente peggioramento della salute e del benessere. A ciò va aggiunta la diminuzione di considerazione sociale, con conseguenti possibili danni allo status sociale ed economico, alle possibilità professionali e sentimentali, e via di seguito.
Altre conseguenze della delegittimazione sono la possibilità che l’avversario reagisca in modo impulsivo o aggressivo, in conseguenza del livello di stress cagionato. Del resto, chi attacca spesso mira proprio a questo. La reazione di difesa sarà poi censurata e ulteriormente oggetto di attacco, in modo da rinforzare la delegittimazione.
Un esempio classico di questa strategia è deridere qualcuno in pubblico per ottenerne una reazione aggressiva e poi etichettarlo come una persona violenta che non sa stare agli scherzi. Per questo motivo si consiglia in genere di rispondere alla derisione in modo arguto e ironico, e non violento.
In altri casi, invece, la persona delegittimata può accettare l’attacco e sottomettersi, rinunciando a dare il suo contributo per amore di pace e lieto vivere. Esempi del genere si hanno nelle dittature, dove la cosiddetta maggioranza silenziosa accetta la sottomissione al gruppo dominante pur di essere lasciata in pace.
Come difenderci dalla delegittimazione
Per proteggerci dalle manipolazioni della delegittimazione, possiamo:
- Sviluppare il pensiero critico: Imparare a valutare le informazioni in modo oggettivo e a riconoscere le fallacie logiche.
- Coltivare l’empatia: Cercare di comprendere le prospettive degli altri, anche se non siamo d’accordo con loro.
- Promuovere il dialogo costruttivo: Cercare di trovare punti in comune e di costruire ponti tra posizioni diverse.
- Sviluppare sagacia, distacco e ironia: queste qualità permettono di trovare risposte brillanti agli attacchi verbali e che sottolineano la nostra superiorità.
In conclusione, la delegittimazione è una potente arma che può essere utilizzata per manipolare le nostre opinioni e i nostri comportamenti. Ma conoscendo i meccanismi che la sostengono, possiamo imparare a difenderci e a costruire una società più aperta e tollerante.
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