Noi umani siamo banali e scontati. Perfino l’intelligenza artificiale riesce a prevedere che effetto avrà una parola su di noi e, conseguentemente, a influenzarci.
Niente di nuovo, per carità, è da sempre che scrittori, giornalisti e copywriter conoscono questo potere un po’ magico delle parole e cercano di utilizzarlo – a volte in modo costruttivo, a volte in modo un po’ dubbio.
Ogni volta che raccontiamo una storia, basta infatti cambiare una parola per dare un effetto o una connotazione totalmente diversi a ciò che stiamo dicendo.
È sufficiente modificare un: “è morto” in un “è stato ucciso” per entrare in una atmosfera da film giallo, e nella vostra mente una: “collisione tra due autoveicoli” non porta diritto alla responsabilità penale come: “il veicolo A ha investito il veicolo B” (eppure ho omesso la parola “intenzionalmente”!).
La novità è che oggi ci riescono anche computer e bot grazie a un algoritmo per l’intelligenza artificiale ideato dal gruppo di ricercatori guidato da Malvina Nissim presso l’Università di Groningen, nei Paesi Bassi, in collaborazione con l’Università di Pavia.
Il test è stato fatto addestrando l’intelligenza artificiale su casi di femminicidio e sulle percezioni suscitate in un campione di oltre 250 persone. Il risultato un successo, che è valso un premio e un riconoscimento alla squadra.
Bot, linguistica computazionale e intelligenza artificiale: una combinazione vincente?
È da anni che si cerca di dotare i bot di capacità linguistiche paragonabili a quelle umane, con risultati via via crescenti in termini di capacità e qualità.
Da questi tentativi è nata una nuova branca dell’informatica, la linguistica computazionale, e grazie al matrimonio con l’intelligenza artificiale la nuova scienza promette di fare meraviglie.
Come funzionano i programmi di linguistica computazionale? Rendere un bot capace e flessibile nell’ascolto e nella comprensione come un umano non è certo un compito facile.
A livello pratico, bisogna creare un database il più possibile descrittivo del comportamento linguistico (cioè particolarmente ricco di esempi) e poi fornire ai bot un metodo per interrogare il database ed estrarne dei modelli in modo autonomo sotto forma di algoritmo.
In soldoni, bisogna insegnare all’intelligenza artificiale un metodo per crearsi i propri pattern di comprensione, un po’ come si fa coi bambini.
Opportunità e rischi di una AI in grado di prevedere gli effetti della scelta delle parole
Cosa ce ne facciamo di una intelligenza artificiale in grado di valutare l’effetto della scelta delle parole sul lettore?
Le applicazioni sono molteplici. Vanno dal potenziamento dei vari bot di assistenza clienti come TOBi, alla sostituzione di giornalisti e copywriter con macchine ‘pensanti’ fino alla ricerca neurolinguistica e linguistica tout-court
Tramite l’utilizzo dell’intelligenza artificiale è infatti possibile simulare il comportamento di una popolazione al variare di un set di espressioni disponendo tuttavia di una grande quantità di dati e ottenendo quindi risultati più cospicui sia in termini qualitativi che quantitativi.
Per gli scrittori potrebbero rendersi disponibili nuove applicazioni e prodotti sulle associazioni verbali e gli effetti legati alla scelta degli aggettivi, magari integrate negli usuali programmi di controllo ortografico-linguistico.
Ma, come per tutte le tecnologie, esiste ovviamente anche il rovescio della medaglia: i vari bot che creano fake news nell’ambito delle numerose guerre cognitive in corso oggi risultano potenziati dalla nuova capacità linguistica dell’intelligenza artificiale.
In conclusione, le possibilità manipolatorie implicite nel binomio intelligenza artificiale e conoscenza dell’effetto delle parole non andrebbero sottovalutate, e sarebbero forse degne di maggiore attenzione da parte del legislatore e delle autorità competenti.
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