Da sempre, l’impatto emotivo degli spot pubblicitari è la croce e delizia di qualsiasi direttore creativo.
La ragione? Semplice, le emozioni hanno un ruolo chiave nelle nostre scelte e nella formazione delle decisioni di acquisto. Questa scoperta, del resto, è probabilmente la più grande conquista del neuromarketing.
Ma la connessione tra pubblicità ed emozioni non finisce qui. Un settore d’indagine meno conosciuto ma d’indubbio interesse per chi desidera utilizzare i suggerimenti delle neuroscienze per migliorare le proprie copy strategy (un ambito del neurocopywriting) è quello che cerca di comprendere la relazione tra strutture narrative degli spot pubblicitari e l’engagement emotivo che si viene a creare nel pubblico.
Tra i vari studi disponibili oggi, è sicuramente da segnalare l’indagine svolta dai due studiosi di comportamento dei consumatori Young e Kastenholtz sull’andamento dell’impatto emotivo negli spot pubblicitari ad alto successo in termine di coinvolgimento emozionale ed efficacia.
I risultati di questi studi sono stati pubblicati nel 2004 su Admap (Young Ch. & Kastenholz J. (2004), Emotion in TV ads, “Admap” January, pp. 41-42). In sintesi, i due ricercatori individuano quattro strutture narrative tipiche strettamente correlate alla potenza di coinvolgimento emotivo di uno spot pubblicitario.
Dramma a lieto fine (emotional pivot)
Si comincia con una serie di emozioni negative per poi concludere con delle emozioni positive, come nella classica struttura problema-soluzione.
Il punto di passaggio dalle emozioni negative a quelle positive costituisce il fulcro dello spot in cui generalmente si realizza il picco di attenzione/coinvolgimento, e in cui è necessario mostrare il brand per ottenere i migliori risultati in termine di memorizzazione.
Un esempio classico di questo tipo di struttura narrativa si ritrova nelle reclame dei saponi: una superficie lurida e piena di polvere (che genera una sensazione immediata di ripulsione-disgusto) diventa improvvisamente lucida e brillante col passaggio di un panno imbevuto del prodotto, cagionando sentimenti di sollievo e soddisfazione.
Svolta narrativa (positive transition)
Consente di passare da uno stato emotivo moderatamente positivo a uno totalmente positivo attraverso un colpo di scena che sorprende lo spettatore e gli fa comprendere che la narrazione sta andando verso un finale inaspettato.
La “positive transition” viene spesso utilizzata in spot che fanno leva su una storia umoristica, e non è un caso che la troviamo anche in molte barzellette. Tra le tante reclame che ne fanno uso, è da ricordare lo spot del 2011 della FIAT 500 Abarth in cui una bella ragazza seducente viene abbordata dal protagonista per poi diventare l’autovettura reclamizzata.
Crescendo drammatico (build)
Struttura narrativa classica, in cui il livello emozionale viene innalzato gradualmente fino a un culmine che sostituisce il punto cruciale dello spot. Lo spettatore difficilmente scorderà cosa succede nel culmine – e conseguentemente il brand o il prodotto mostrato e associato a quel momento.
Tra gli innumerevoli esempi, lo spot di TIM per il 5G Il futuro insieme.
Emozione sostenuta (sustained emotion)
L’emozione positiva viene provocata e mantenuta per tutta la durata dello spot come nella Pasta Barilla.
Ricordiamoci che per l’efficacia dello spot non basta avere una buona struttura narrativa, cioè una buona storia; bisogna anche saper mostrare il marchio nei momenti di picco emozionale, in modo che resti impresso nella memoria di chi guarda.
Non solo negli spot pubblicitari
Non sfuggirà al lettore che i 4 modelli di narrazione individuati da Young e Kastenholz possono essere utilizzati non soltanto per creare degli spot ma per organizzare qualsiasi struttura narrativa o di storytelling, giusto per usare un termine particolarmente di moda.
E infatti sono tutti familiari a chi si occupa di letteratura o scrive racconti e novelle. Si tratta quindi di archetipi, delle figure universali sottostanti a qualsiasi tipo di narrazione la cui conoscenza può rivelarsi utile proprio per questo motivo.
Del resto, saper emozionare è un problema da sempre comune a ogni ambito della comunicazione. “Gli uomini cambiano la propria opinione in base ai loro giudizi. Come tali, le emozioni hanno specifiche cause ed effetti”, scriveva Aristotele. E “capire il modo in cui sono espresse” ci aiuta a conoscerle.
Le ricerche di Young e Kastenholz vanno proprio in questa direzione, rivelandosi quindi un ausilio prezioso non solo per i copywriter e i direttori creativi, ma anche per noi persone comuni in quella fatica quotidiana di creazione di contenuti sui social e il web che sembra ormai diventato il vero lavoro di noi tutti.
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Per approfondire: Le 7 strutture narrative che qualsiasi scrittore può usare | Youcanprint.it